Corte di Cassazione, sentenza n. 35123 del 29 novembre 2022
L’Istituto educativo, titolare di una scuola paritaria, ha opposto gli avvisi di accertamento relativi all’ICI/IMU per gli anni 2010 -2015, invocando l’esenzione prevista dall’art 7 lett. i) del D.lgs. 504/1992, spettante agli enti pubblici e privati diversi dalle societa’, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale.
Nel caso di specie la retta applicata agli studenti mediamente supera il 50% del costo del servizio, e quindi può dirsi che si tratti di attività commerciale non esente da imposta comunale. Il giudice d’appello ha inoltre confermato la statuizione del giudice di primo grado in punto di esclusione delle sanzioni, ritenendo sussistenti obiettive condizioni di incertezza tanto da parte del legislatore che da parte della giurisprudenza.
In materia, la giurisprudenza di questa Corte si è nel tempo consolidata nell’affermare che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione ai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), presuppone la ricorrenza cumulativa sia del requisito soggettivo della natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo della diretta destinazione dell’immobile allo svolgimento delle attività previste dal medesimo art. 7, tra cui rientrano quelle volte alla didattica e all’educazione, mentre resta irrilevante la successiva destinazione degli utili, eventualmente ricavati, al perseguimento di fini sociali o religiosi, siccome riguardante un momento successivo alla loro produzione, tale da non far venir meno l’eventuale carattere commerciale dell’attività. L’esenzione è compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, e l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico (Cass. 7415/2009; Cass. 22233/2019; Cass. 24044/2022; Cass.6795/2020; Cass. 13970/2016; Cass. 24500/2009)
Le superiori considerazioni consentono anche di definire il significato e la portata dei i criteri stabiliti dal DM 19.11.2012 n. 200 e e dal DM 26.6.2014, che devono essere applicati in armonia con quanto stabilito dalla Commissione UE con decisione 19.12.2012, e secondo i principi posti dalla giurisprudenza nazionale. Il testo di entrambi i decreti è chiaro nel ricordare che per beneficiare della esenzione in parola le attività devono essere svolte gratuitamente o dietro versamento di corrispettivo di importo simbolico.
La maggiore chiarezza della norma IMU (che parla di attività non commerciali anziché di attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale) e della norma regolamentare, la quale precisa, da un lato, che per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione (come indicano le parole “in ogni caso”) e non implica a contrario che possano beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite.
Pertanto la circostanza che la parte possa avere dichiarato un CM (corrispettivo medio) inferiore al CMS (costo medio per studente sopportato dallo Stato) non dà automaticamente diritto alla esenzione perché non incide sul potere del Comune di eseguire un controllo e una valutazione (nei termini di cui sopra si è detto) né sul potere del giudice di merito di operare un accertamento – che costituisce giudizio di fatto e quindi sottratto al controllo di legittimità- sulla effettiva sussistenza delle modalità non commerciali.