Il contratto senza forma scritta e debito fuori bilancio: la sintesi della Corte dei Conti

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 179/2024/PAR

Il primo quesito ha ad oggetto la riconoscibilità, quale debito fuori bilancio ex art. 194,c. 1, lett. e), d.lgs. 18 agosto 2000 e s.m.i. (TUEL), di acquisizioni di beni e servizi avvenute in assenza di un contratto redatto in forma scritta.

Al riguardo, gli orientamenti giuscontabili più risalenti consideravano presupposto indefettibile del riconoscimento l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata (liquida, certa, esigibile) (delibere Sez. reg. contr. Puglia n. 26/2016/PAR; Sez. reg. contr. Trentino Alto Adige n. 35/2018 /PAR; Sez. reg. contr. Lombardia n. 522/2010/ PAR; Sez.  reg. contr. Calabria n. 173/2009/PAR; Sez. reg. contr. Veneto n. 461/2017/PRSP).

Anche questa Sezione ha in passato affermato che le diverse fattispecie previste dall’articolo 194 TUEL “hanno a comune fondamento un’obbligazione pecuniaria, perfetta e valida sul piano civilistico e, tuttavia, non iscritta in contabilità” (delibera Sez. reg. contr. Piemonte n. 20/2015/PAR). Il contratto nullo per difetto della forma scritta, ove richiesta ad substantiam, veniva considerato come comportamento di fatto, privo di rilievo sul piano giuridico, perché mancante in radice dell’accordo tra le parti, impeditivo della costituzione di una valida obbligazione contrattuale e quindi della configurazione di un debito fuori bilancio da riconoscere (delibera Sez. reg. contr. Trentino Alto Adige n. 35/2018/PAR cit.). 

Tale tesi originava da un, ancor più risalente, orientamento della giurisprudenza civile maturato in relazione al regime provvisorio di riconoscimento dei debiti di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 24 (conv, con modif., nella L. 24 aprile 1989, n. 144) e al D.L. 12 gennaio 1991, n. 6, art. 12 bis (conv., con modif., nella L. 15 marzo 1991, n. 80), alla stregua del quale detta procedura “consente di far salvi gli impegni di spesa in precedenza assunti senza copertura contabile, ma non innova in alcun modo alla disciplina che regolamenta la conclusione dei contratti da parte della P.A., ne’ introduce una sanatoria per i contratti eventualmente nulli o comunque invalidi, come quelli conclusi, senza la forma scritta prescritta – appunto per i contratti conclusi iure privatorum dalla P.A. – ad substantiam. Un tale riconoscimento, quindi, presuppone necessariamente l’esistenza di un’obbligazione validamente assunta dall’ente locale, anche se sprovvista di copertura finanziaria, e non può costituire esso stesso fonte di obbligazione (cosi’ anche Cass. 5.2.2007 n. 2489; Cass. 25.5.2005 n. 11021; v. anche Cass. 14.12.2006 n. 26826)” (Cass. civile sez. III, 27aprile 2011, n.9412).

L’impostazione in questione, era stata già adottata dalla circolare del Ministero dell’Interno, Direzione Centrale della Finanza Locale n. FL 21/93 del 20 settembre 1993.

Più di recente, il Giudice di legittimità è pervenuto al differente approdo ermeneutico  secondo cui “anche qualora le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto, oltre che senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme c.d. ad evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’amministratore o il funzionario inadempiente che l’abbia consentita (Cass. n. 30109 del 21/11/2018)” (Cass. civile, Sez. I, 12 marzo 2020, n. 7113).

“Potendo il terzo interessato agire nei confronti dell’amministratore o funzionario, mancherebbe il requisito della sussidiarietà e non sarebbe ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente locale, il quale potrebbe però riconoscere a posteriori, ex art. 194 TUEL e nei limiti dell’utilità dell’arricchimento puntualmente dedotto e dimostrato, il debito fuori bilancio. (…) La circostanza che il contratto non sia stato redatto in forma scritta non assume alcun rilievo, giacché il rapporto obbligatorio così sorto si colloca al di fuori dell’ambito di applicazione delle norme c.d. ad evidenza pubblica, e la responsabilità in questione può conseguire anche quando l’incarico sia stato affidato informalmente (v. nel testo, Cass. n. 24478 del 30/10/2013) e senza un previo contratto (Cass. n. 30109 del 21/11/2018)”.

La tesi della necessaria esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata è stata riconsiderata anche da alcuni, più recenti, orientamenti giuscontabili che hanno valorizzato l’interruzione del rapporto organico tra funzionario e/o amministratore e amministrazione, discendente ope legis dall’art. 191, c. 4, TUEL e preclusiva del perfezionamento di un rapporto obbligatorio tra terzo contraente e p.a., per escludere la rilevanza, ai fini del riconoscimento, di un’eventuale patologia del contratto, venendo in considerazione non il rapporto “bensì solo gli effetti, se vantaggiosi” (delibera Sez. reg. contr. Campania n. 111/2021/PAR).

Sotto altro e diverso profilo, è stato evidenziato che, in assenza di un valido contratto fonte di obbligazione, il riconoscimento del debito ex art. 194, c. 1, lett. e), TUEL, non si configura come ricognizione di debito, quanto piuttosto – in funzione probatoria – quale riconoscimento dell’utilità dell’opera o della prestazione ai fini dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico (delibera Sez. reg. contr. Sicilia n. 178/2023/PAR).

È stato ulteriormente rilevato che, a prescindere dalla validità dell’obbligazione sottostante il riconoscimento, l’ente locale sarebbe comunque esposto sia all’azione diretta di arricchimento senza causa (artt. 2041 e 2042 c.c.) da parte del dipendente/amministratore che abbia corrisposto al privato il prezzo della prestazione o della fornitura, sia in via surrogatoria all’azione di indebito arricchimento del privato contraente, ove il patrimonio del dipendente/amministratore non offrisse adeguata garanzia.

La Sezione ritiene condivisibile l’evoluzione giurisprudenziale di cui sopra.  L’art. 194, c. 1, lett. e), TUEL nulla dispone circa la necessità di una valida costituzione del titolo di acquisto. Al contrario, l’utilizzo nella norma del termine ‘acquisizioni’, senza ulteriori specificazioni, induce a ritenere riconoscibili, in linea teorica e in disparte le più articolate valutazioni di merito e di quantificazione demandate al Consiglio, gli acquisti di beni e servizi che, a prescindere dalla validità del rapporto obbligatorio sottostante per l’ente locale, siano ritenuti pertinenti, utili e vantaggiosi per l’ente e la sua comunità. Del resto, l’unico rapporto obbligatorio contemplato nella procedura in esame è quello, disciplinato dall’art. 191, c. 4, TUEL, che intercorre «ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’art. 194, c.1, lett. e)», tra chi ha consentito la fornitura/prestazione e il terzo contraente.

Al riguardo, la Corte Costituzionale ha chiarito che detta previsione (art. 35, c. 4, d.lgs. 77/1995 cit., trasfuso nell’art. 194, c. 4, TUEL) “non prevede una sanzione a carico dell’amministratore o funzionario che abbia consentito la fornitura, e nemmeno, propriamente, una novazione soggettiva nella titolarità del rapporto obbligatorio, ma si limita a stabilire le condizioni formali (…) alle quali è subordinata l’efficacia del contratto nei riguardi della pubblica amministrazione, in coerenza con il principio tradizionale secondo cui il contratto stipulato diviene obbligatorio nei confronti della pubblica amministrazione contraente solo a seguito della prescritta approvazione (art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440): prevedendo che, in mancanza, e per la parte di debito non riconoscibile a posteriori (…), esso produca effetti obbligatori a carico della persona fisica che ha consentito la fornitura” (ord. 6 febbraio 2021 n. 26).

Il tratto caratterizzante della disposizione stessa sta nel prevedere “un rapporto contrattuale che sussiste esclusivamente tra il terzo contraente e il funzionario (o l’amministratore)” che ha autorizzato/ordinato l’acquisto, verificandosi una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e pubblica amministrazione. L’estraneità dell’Ente al rapporto obbligatorio comporta che eventuali invalidità del rapporto medesimo sono irrilevanti ai fini del riconoscimento ex art. 194, c. 1, lett. e) TUEL, procedura che non sana l’illegittima acquisizione del bene o servizio, non produce gli effetti negoziali del titolo mancante (determina a contrarre, provvedimento di affidamento, stipula del contratto in forma scritta) e non convalida il contratto nullo.

Invero, è soltanto nel momento del riconoscimento consiliare della legittimità del debito che nasce, ai sensi dell’art. 1173 c.c., il rapporto obbligatorio tra il fornitore e l’ente. La deliberazione di cui all’art. 194TUEL ha natura ricognitiva del presupposto – l’arricchimento per l’ente –ai fini dell’inserimento nel bilancio del debito irregolarmente assunto, ed “è volta alla costituzione diretta del rapporto obbligatorio con l’amministrazione”  (delibera Sez. Autonomie n. 21/2018/QMIG) e “non suppone una mera procedura di regolarizzazione contabile di un preesistente rapporto di debito/credito intercorrente tra l’ente locale e la parte privata” (Cass. civile, SS.UU., 21 dicembre 2020 n. 29178;).

Il presupposto della regolarizzazione contabile non è dunque un preesistente rapporto obbligatorio, bensì l’arricchimento per l’ente, il cui riconoscimento fonda il debito (e quindi il rapporto obbligatorio) in capo all’amministrazione. Poiché il fondamento del debito non è contrattuale, la procedura di riconoscimento prescinde dalle cause di nullità del negozio e dai relativi effetti, disciplinati dal diritto comune (Corte conti, Sez. giurisd. Puglia, 21 luglio 2021, n. 668). Al primo quesito può, dunque, rispondersi che, in via generale, non assume carattere ostativo al riconoscimento del debito la nullità del contratto di acquisizione tra p.a. e contraente privato per difetto della forma scritta, ove richiesta ad substantiam dalla vigente normativa.

Va tuttavia precisato che, in sede applicativa, detto principio dovrà essere contestualizzato alla singola fattispecie, sicché il difetto della forma scritta potrebbe in ogni caso assumere rilevanza nella valutazione complessiva effettuata dall’ente in ordine alla remunerabilità della prestazione ovvero all’indennizzabilità dell’acquisizione come debito fuori bilancio (cfr. Corte Conti, Sez. giurisd. Piemonte, 14 novembre 2024, n. 123).

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