Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n. 4 del 22 gennaio 2025
Sulla scorta delle coordinate ermeneutiche fornite dalla giurisprudenza, deve ritenersi che, anche in caso di abolitio criminis, l’azione erariale per il risarcimento del danno all’immagine può essere esercitata in presenza di una sentenza penale di condanna non più impugnabile con mezzi ordinari – quindi integrante a tutti gli effetti la condizione di cui all’art. 17, comma 30-ter, d.l. 78/2009 – qualora sussistano fatti lesivi che abbiano causato un discredito concreto e dimostrabile alla Pubblica amministrazione.
In altri termini, ai fini della prosecuzione del giudizio, ciò che riveste carattere determinante è la presenza di una sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile, ai sensi dell’art. 648 c.p.p., ossia non più suscettibile di impugnazione con mezzi ordinari
Alla luce delle argomentazioni esposte, si deve concludere che l’istanza di revoca della sentenza penale di condanna non costituisce presupposto idoneo a determinare la sospensione del processo contabile. L’eventuale revoca, infatti, non assume la funzione di antecedente logico-giuridico necessario per la prosecuzione del giudizio, poiché tale ruolo è già rivestito dalla sentenza di condanna attualmente esistente.
La eventuale futura revoca della sentenza penale, in seguito ad abolitio criminis, configura un evento privo, al momento, di concretezza o determinabilità in ordine alla sua realizzazione e ai suoi effetti giuridici. Parimenti, non risulta attualmente definibile se gli effetti penali derivanti dalla condotta oggetto di esame, valutati in relazione al momento della loro consumazione, siano destinati a permanere, tenuto conto anche della attuale pendenza di una questione di legittimità costituzionale concernente la norma abrogatrice (Trib. Firenze, Sez. III pen., ord. 24 settembre 2024). Siffatte eventualità si collocano però, evidentemente, tutte al di fuori dell’ambito del presente giudizio e non possono quindi incidere sulla valutazione della condizione di esercizio dell’azione, né possono, di conseguenza, configurare una pregiudiziale nel senso previsto dall’art. 106, co.1, c.g.c.
In questo momento, ciò che assume rilevanza ai fini del giudizio è l’esistenza della sentenza penale di condanna, quale elemento costitutivo attualmente sussistente, che fonda la domanda sottoposta all’esame di questo giudice.
La persistente operatività, ancorché temporanea, degli effetti extrapenali della sentenza, consente quindi di scrutinare se i comportamenti posti in essere abbiano effettivamente compromesso il prestigio della Pubblica amministrazione, alla luce dei parametri già consolidati in giurisprudenza.