Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 54 dell’11 aprile 2025
L’elemento soggettivo è il dolo. Oltre alle norme di legge che disciplinano la sua professione, che la convenuta era tenuta a conoscere, era vigente il “Regolamento in materia di incarichi ed attività extraistituzionali a norma dell’art.53 del dl.gvo 165/2001” e s.m., adottato dall’Azienda Ospedaliera. Nulla conta che, come sostiene la convenuta, i regolamenti non le siano stati comunicati in quanto è dovere del dipendente informarsi e conoscere le regole che disciplinano il rapporto di lavoro. Le norme violate dalla dott. X, oltretutto, sono quelle di base, elementari che non presentano difficoltà di interpretazione, ossia, semplicemente, il divieto di svolgere attività libero professionale in regime di esclusività.
La corrispondenza intercorsa tra le strutture che dimostrerebbe, secondo la convenuta, che l’amministrazione era perfettamente a conoscenza delle attività svolte dalla dott. X e dei turni svolti a favore della Y può forse aver fondato nella dott. X la convinzione dell’impunità, non certo l’affidamento sulla liceità della propria condotta. Né si potrebbe ipotizzare una sorta di consenso tacito dell’amministrazione, essendo questo escluso dalle norme di legge e di regolamento che impongono che le attività extraistituzionali siano autorizzate con provvedimento espresso e motivato, avente forma scritta, che l’ente adotta a seguito del procedimento volto a stabilire l’assenza di conflitti di interesse e la compatibilità di fatto dell’impegno lavorativo assunto con le esigenze dell’amministrazione. L’autorizzazione non ammette equipollenti e, infatti, la giurisprudenza costantemente afferma che l’autorizzazione non può essere orale, tacita, per facta concludentia e che la sua mancanza non può nemmeno essere sanata da un’autorizzazione successiva (ora per allora), stante la necessità di verificare “ex ante” la compatibilità tra l’incarico esterno e le funzioni istituzionali (Cass. 10.10.2022 n. 29348; Cass. 18.6.2020 n. 11811; Corte conti, sez. II app., 31.1.2024 n. 33; II app., 8.7.2022 n. 305).
Peraltro, come puntualmente evidenziato dalla Procura, i servizi competenti al rilascio delle autorizzazioni, e quindi a valutare la liceità delle attività extraistituzionali del personale, e quelli addetti alla gestione dei rapporti con i fornitori che hanno avuto rapporti con la Y, sono diversi. L’illecito, quindi, è stato commesso con coscienza e volontà per procurarsi un vantaggio personale, approfittando della difficoltà, se non dell’impossibilità dell’amministrazione di scoprire le attività della propria dipendente.