In caso di svolgimento da parte del pubblico dipendente di attività assolutamente vietate, il danno erariale deve essere provato, non è in re ipsa

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sentenza n. 121 del 28 aprile 2025

ll convenuto, pur essendo in servizio come docente universitario in regime a tempo pieno, avrebbe svolto senza alcuna autorizzazione delle attività di per sé incompatibili con il suo inquadramento; nello specifico, avrebbe ricoperto incarichi in società commerciali a lui riferibili, anche in violazione del divieto di esercizio di attività commerciale.

Un punto cruciale emerso nel dibattito e affrontato dalla sentenza riguarda il recente overruling giurisprudenziale delle Sezioni riunite della Corte dei conti, concretatosi con la sentenza n. 1/2025/QM/PROC. Questo nuovo orientamento ha radicalmente mutato i parametri probatori concernenti la responsabilità erariale derivante dallo svolgimento di attività extraistituzionali

La Corte, esaminando il merito alla luce di tale nuovo orientamento, ha distinto tra situazioni di incompatibilità relativa (incarichi astrattamente autorizzabili, ma svolti senza autorizzazione) e situazioni di incompatibilità assoluta (attività radicalmente incompatibili e non autorizzabili). Secondo la precedente giurisprudenza (sent. n. 6/2019/QM/PROC), nelle ipotesi di incompatibilità assoluta, il danno erariale si configurava in re ipsa con lo svolgimento dell’attività vietata e la percezione dei relativi compensi, facendo scattare l’obbligo di riversamento.

Il nuovo orientamento (sent. n. 1/2025/QM/PROC), invece, ha superato questa impostazione. Pur confermando il carattere illecito delle attività assolutamente vietate, ha stabilito che il danno erariale non è più in re ipsa. La Procura è tenuta a provare in base alle ordinarie regole probatorie la sussistenza di un danno effettivo per l’amministrazione di appartenenza. Questo danno deve derivare dal mancato adempimento dei compiti istituzionali da parte del dipendente impegnato in attività esterna. Il meccanismo del riversamento obbligatorio dei compensi previsto dall’art. 53, commi 7 e 7-bis, del d.lgs. n. 165/2001, secondo la nuova lettura, si applica esclusivamente alle situazioni di incompatibilità relativa.

Nel caso di specie, la Procura aveva fondato la propria pretesa risarcitoria unicamente sul principio del riversamento dei compensi percepiti per attività considerate radicalmente incompatibili e non autorizzabili. Tuttavia, alla luce del principio stabilito dalle Sezioni riunite, la domanda non può trovare quindi accoglimento. La Procura non ha provato un danno effettivo derivante dalla compromissione dell’attività istituzionale del docente a causa degli incarichi svolti

Comments are closed.