Non vi è occultamento doloso del danno da prestazioni incompatibili o non autorizzate, se la comunicazione è stata debitamente effettuata

Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 76 del 26 maggio 2025

Ritiene, invero, la Sezione che la contestata decisione, in punto di prescrizione, rechi un’intima e intrinseca incoerenza nella relativa parte motivazionale.
La comunicazione del docente delle attività da svolgere appare conforme al Regolamento d’Ateneo illo tempore vigente, che non prevedeva indicazione del compenso o del soggetto conferente e, inoltre, in essa si specifica sufficientemente anche l’oggetto dell’incarico, segnalato come a carattere continuativo e retribuito per lo sviluppo di impianto pilota per la produzione di “chemicals” a partire da biomasse.

A fronte di tale limpida e lineare istanza, perfettamente conforme alla disciplina vigente presso l’Ateneo, non si vede in che modo il docente abbia voluto intenzionalmente occultare la reale portata della prestazione, tale non potendosi individuare nella semplice definizione di consulenza scientifica indicata nella comunicazione, ovvero nell’omesso invio di quest’ultimo, a integrazione dell’istanza.

Come implicitamente riconosciuto, del resto, dalla stessa Sezione territoriale, era, al contrario, onere dell’amministrazione, in caso di perplessità fondate sul contenuto della comunicazione, svolgere rapidi e tempestivi approfondimenti istruttori – chiedendo, ad esempio, proprio copia del contratto di consulenza stipulato tra il docente e la ditta committente – al fine di verificare se si trattasse effettivamente di mera consulenza scientifica (come dichiarato), o di una prestazione soggetta a regime autorizzatorio.

Si tenga anche presente che il prof. X, pur se titolare di partita iva (ma non iscritto all’albo professionale), non è risultato avvezzo a svolgere attività extra istituzionali in maniera continuativa – è stato l’unico incarico svolto in 40 anni di docenza – sicchè anche l’occasionalità dell’incarico, in uno con l’assenza di conoscenza giuridiche (trattandosi di un tecnico) e stante il quadro normativo piuttosto confuso soprattutto nel contesto temporale di riferimento (2011-2012), circa le attività liberamente o meno esercitabili dai docenti universitari, dopo l’entrata in vigore della legge Gelmini, depongono univocamente per la sua buona fede e l’assenza di una intenzionale condotta preordinata a occultare il danno in questione.
Alla luce delle superiori considerazioni e in accoglimento del motivo di gravame innanzi illustrato, la sentenza impugnata andrà, conseguentemente, interamente riformata, con definitivo respingimento della domanda risarcitoria avanzata dal Requirente

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