Riconosciuto il nesso tra tumore ed esposizione ai PFAS

Tribunale di Vicenza, sentenza n. 251 del 13 maggio 2025

L’esame istologico evidenziava “localizzazioni pleuro-polmonare di carcinoma uroteliale”. Le condizioni cliniche del sig. risultano del tutto compatibili con il quadro di carcinoma metastatico in anamnesi, tali da condurre al decesso, constatato in data 14.04.2014”.

Ebbene, la patologia sopra descritta, secondo le valutazioni peritali, dev’essere ricondotta all’esposizione professionale a PFAS -composti per- e polifluoroalchilici che comprendono l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluorooctanosulfonico (PFOS), “ossia molecole contenenti molteplici atomi di fluoro su una catena carboniosa” che permangono nell’organismo umano per periodi estremamente lunghi, con un’emivita di quasi 5 anni per il PFOS e di quasi 4 anni per il PFOA.

In particolare, secondo il consulente tecnico: “Il personale addetto alle lavorazioni industriali, in quegli ambienti dove vengono prodotti e/o utilizzati tali composti, è soggetto a un’esposizione professionale per mezzo di inalazione, assorbimento trans-cutaneo, ingestione di polveri contaminate. Stando a quanto riportato, è da considerarsi documentato il fatto che esiste un’esposizione professionale per i lavoratori, soprattutto negli ambienti dove tali molecole sono prodotte, in quanto anche il semplice sostare di un lavoratore, privo degli opportuni DPI, nei pressi di una postazione di produzione delle molecole de quo, – come nel caso di specie- può comportare un assorbimento e quindi un’esposizione alle molecole stesse”

Alla luce delle valutazioni peritali, che si condividono e devono ritenersi in questa sede richiamate, si ritiene dunque raggiunta la prova dell’esposizione del ricorrente all’inalazione di PFAS stante lo svolgimento della propria attività lavorativa, come sopra detto, senza dispositivi di protezione ed in posizione attigua al reparto di ECF (reparto di produzione) dove, come emerso dalle prove orali sopra riportate, nelle operazioni di pulizia delle lamelle transitavano frequentemente operatori e componenti di macchinari.

Ciò trova poi conferma nella relazione “Le concentrazioni di sostanze perfluorate nel sangue dei dipendenti ed ex dipendenti delle ditte Y e X (Trissino, Vicenza)” depositata telematicamente da parte ricorrente in data 3.5.23, da cui risulta, secondo un’indagine retrospettiva, che nel periodo compreso tra il 1968 e il 2011 la società aveva prodotto per lo più PFAS a catena lunga (PFOA e PFOS) e che dalle analisi ematiche dei dipendenti di quel periodo, secondo quanto indicato dal consulente tecnico, era emersa “una chiara esposizione a PFAS dei lavoratori della ditta x(..) non solo per i lavoratori a diretto contatto con le sostanze perfluorate, bensì anche in quei lavoratori che erano differentemente collocati all’interno dell’azienda e la cui mansione nulla aveva a che vedere con il maneggiamento/contatto con le sopracitate sostanze (impiegati e/o “Altro”)”. Alla luce di tale indagine, nella parte in cui riguarda anche i lavoratori non direttamente impiegati nella produzione delle sostanze perfluorate, nonché del ridotto spazio esistente fra il reparto ECF e quello di (5 m), peraltro collocati al di sotto di tettoie limitrofe, che impedivano quindi la rapida dispersione delle sostanze nocive, nonché in ragione del fatto che le operazioni di pulizia manuale delle lamine, come dichiarato da , avveniva proprio di fianco alla postazione del ricorrente, in assenza di mascherina, si ritiene raggiunta la prova dell’esposizione del ricorrente a PFAS per tutto il periodo di lavoro in questione, a tal fine ritenuta non dirimente l’assenza di analisi ematiche dello stesso che, di per sé, non basta ad escludere l’esposizione dello stesso ai PFAS alla luce dei plurimi elementi di segno contrario.

In particolare, secondo il consulente tecnico, anche a prescindere dall’esposizione diretta all’inalazione di PFOA e PFOS, in ragione della sola adiacenza del reparto cui era addetto rispetto a quello di produzione lo stesso rientrerebbe nella classificazione di lavoratore della “never PFOA” con conseguenti “concentrazioni sierica elevate di PFOA (mediana di pari a 1.113 ng/ml e compresa nell’intervallo 19-15.786 ng/ml”

Comments are closed.