Le esigenze di riduzione della spesa non legittimano l’ASL a ridurre unilateralmente i compensi dei MMG previsti dalla contrattazione integrativa

Corte di Cassazione, sentenza n. 20390 del 16 lugio 2021

Con specifico riguardo al primo motivo di ricorso, che denuncia la violazione della legge n. 2248/1865, allegato E, artt. 4 e 5, occorre ribadire che l’atto con il quale la AUSL ha unilateralmente ridotto il compenso non è espressione di un potere di supremazia e partecipa della medesima natura privatistica del rapporto che si instaura con il professionista convenzionato, sicché non pertinenti sono i richiami alla giurisprudenza di questa Corte in tema di disapplicazione dei provvedimenti amministrativi che la Regione adotta in relazione alla concessione di servizi pubblici.

Il rapporto di parasubordinazione con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta è soggetto alla disciplina di cui si è dato conto e non è assimilabile a quello che si instaura con le strutture accreditate, oggetto di disposizioni specifiche, dettate dagli articoli da 8 quater a 8 sexies del d.lgs. n. 502/1992 che, come sottolineato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 3 del 2012), delineano un modello bifasico nel quale la determinazione delle tariffe ha matrice autoritativa e vincolante.

Al contrario nel rapporto convenzionale con i medici di medicina generale (e con i pediatri di libera scelta) e l’ente agisce su un piano di parità sicché l’atto con il quale lo stesso pretende di rideterminare il compenso, in peius rispetto alle previsioni della contrattazione collettiva, non è espressione di potestà pubblica e va equiparato a quello con il quale il debitore, privato, rifiuta di adempiere, in toto o parzialmente, l’obbligazione posta a sua carico. Nella specie non è stata posta in discussione la legittimità della delibera di GR n. 592/2008 e dei decreti commissariali, nella parte concernente la fissazione dei tetti di spesa, perché oggetto di contestazione sono solo le modalità con le quali la AUSL ha ritenuto di potere perseguire l’obiettivo fissato da quei provvedimenti. Gli atti unilaterali dei quali è contestata la legittimità non rientrano fra quelli contemplati dagli artt. 4 e 5 dell’allegato E della legge n. 2248/1865 perché gli stessi, lo si ripete, non sono espressione di potestà autoritativa, con la conseguenza che non ha rilievo in questa sede la questione, posta nel primo motivo di ricorso, inerente la possibilità dell’esercizio del potere di disapplicazione nei giudizi nei quali sia parte la Pubblica Amministrazione.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato perché la sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto di seguito enunciati: « a) Il rapporto convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale è disciplinato, quanto agli aspetti economici, dagli accordi collettivi nazionali e integrativi ai quali devono conformarsi, a pena di nullità, i contratti individuali. b) La disciplina dettata dall’art. 48 della legge n. 833/1978 e dall’art. 8 del d.lgs. n. 502/1992 non è derogata da quella speciale prevista per il rientro da eccessivi disavanzi del sistema sanitario e pertanto le esigenze di riduzione della spesa non legittimano la singola azienda sanitaria a ridurre unilateralmente i compensi previsti dalla contrattazione integrativa regionale. c) Le esigenze di riduzione della spesa, sopravvenute alla valutazione di compatibilità finanziaria dei costi della contrattazione, devono essere fatte valere nel rispetto delle procedure di negoziazione collettiva e degli ambiti di competenza dei diversi livelli di contrattazione, pertanto l’eventuale atto unilaterale di riduzione del compenso, adottato dalla P.A., non ha natura autoritativa perché il rapporto convenzionale si svolge su un piano di parità ed i comportamenti delle parti vanno valutati secondo i principi propri che regolano l’esercizio dell’autonomia privata».

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