La delega in bianco, priva del nominativo delegato, è nulla.

Corte di Cassazione, sez 6-5, sentenza n. 12960 del 23 maggio 2017
La Corte (Cass.22803/2015) ha già, di recente, precisato che “in tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui all’art . . 42 del cl.P.R. n. 600 del 1.973 neve necessariamente indicare il nominat’vo dei delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo, sicché non può consistere in un ordine di seriizo in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica profeSSiana del delegato senza consentire al contribuente di -verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore”. La Corte ha ritenuto, nella controversia esaminata, la delega “nulla in quanto, come già rilevato, priva del nominativo del dirigente delegato, non potendo la delega essere fatta “per relationem” con riferimento a un soggetto incerto, ben potendo i capi uffici o capi team al momento della delega non essere più tali al momento della sottoscrizione degli atti impositiii (per trasferimento, pensionamento etc) e non potendo essere sostituiti dei soggetti eventualmente subentranti neanche individuabili al momento del conferimento della delega a cui non può riconoscersi ultrattività con riferimento a possibili mutamenti di qualifica di soggetti individuati, al momento del conferimento della delega, sole per relazionem con riferimento all’incarico ricoperto. La cd delega in bianco’, priva del nominativo del soggetto delegato deve quindi essere considerata nulla non essendo possibile verificare agevolmente da parte del contribuente se il delegatario avesse il potere di sottoscrivere l’atto impugnato e non essendo ragionevole attribuire al contribuente una tale indagine amministrativa ai fine di verificare la legittimità dell’atto”. Solo in diversi contesti fiscali – quali ad esempio la cartella esattoriale (Cass. n.13461/12), il diniego di condono (Cass. n.ri 11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. n.4283/10), l’attribuzione di rendita (Cass. n.8248/06) – in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare de potere nel cui esercizio esso è adottato; mentre, per i tribut locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 87 (Cass.. n.9627/12). Occorre, in sostanza, una delega “nominativa , perché so i o in tal modo si radica il rapporto di fiducia tra delegante e delegato.

Durante la prorogatio il Consiglio Regionale può approvare il Piano Rifiuti se è già scaduto il termine

Consiglio di Stato, sentenza n. 2304 del 15 maggio 2017
Il Collegio condivide la tesi prospettata dall’appellante Regione, in quanto:
a) è ben vero che il termine per la tempestiva adozione dell’atto era scaduto da più di due anni;
b) e che durante tale torno di tempo il Consiglio regionale rimase inerte;
Alla stregua delle superiori considerazioni, ritiene il Collegio che una lettura corretta dei principi affermati dalla Corte Costituzionale imponga di ritenere che anche l’adozione dell’atto costituente adempimento di impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea possa essere legittima pur durante il regime di prorogatio, ricorrendo il presupposto della qualificata ed indifferibile urgenza.
E pare al Collegio che anche la recente sentenza della Corte Costituzionale, 22/11/2016, n. 243 (in particolare si veda il considerando n. 3.5.) autorizzi tale conclusione, essendo appena il caso di osservare che – in considerazione della circostanza che il rispetto del diritto europeo imponeva proprio l’adozione del Piano regionale suddetto- neppure è possibile ipotizzare la possibilità che la Regione adottasse un atto a contenuto e di portata “minore”.

L’applicazione dell’IVA alle prestazioni della farmacia dei servizi

Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 60/E del 12/05/2017
Alle prestazioni sanitarie rese all,interno delle farmacie, si applica il regime IVA e gli obblighi di certificazione come segue:
a) Prestazioni rese dalle farmacie tramite messa a disposizione di operatori socio-sanitari: nella misura in cui le prestazioni siano richieste dal medico o pediatra e rese da operatori socio-sanitari, da infermieri e da fisioterapisti, deve ritenersi soddisfatto il duplice requisito oggettivo e soggettivo funzionale all’esenzione da IVA (in senso conforme la citata risoluzione n. 128/E del 2011).
b) Prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo: Ai fini impositivi, laddove le prestazioni nell ’ ambito dell ’ autocontrollo siano e seguite direttamente dal paziente tramite apparecchia ture automatiche disponibili presso la farmacia, senza l’ausilio di un professionista sanitario , viene meno il requisito soggettivo dal quale dipende l ’ esenzione IVA
c) Prestazioni di supporto all ’ utilizzo di dispositivi strumentali per i servizi di secondo livello: esse sono così descritte dall ’ articolo 1, comma 2, lettera d) , del D.Lgs. n. 1 53 del 2009: ” la erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico – terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatr i di libera scelta, anche avvalendosi di personale infermieristico, prevedendo anche l ’ inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici; “. Qualora, nel caso di specie, i servizi in questione siano prescritti da medici o pedia tri ed erogati ” anche ” avvalendosi di personale infermieristico, nel rispetto dell ’ articolo 3 del D.M. 16 dicembre 2010, appare soddisfatto l ’ enunciato duplice requisito oggettivo e soggettivo, con la conseguente applicabilità dell ’ esenzione IVA.
d) Servizio di prenotazione, riscossione e ritiro dei referti: si conferma che tale servizio – disciplinato dagli articoli 3 e 9 del D.M. 8 luglio 2011 – è soggetto all ’ imposta ad aliquota ordinaria, ai sensi dell ’ articolo 3 del D.P.R. n. 633 del 1972

Affidare la gestione del bar dell’ospedale con un contratto di locazione (senza gara), invece di un contratto di concessione, genera un danno erariale derivante dal mancato introito dei proventi

Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n. 111 del 3 maggio 2017
La Procura della Corte dei Conti contestava un danno da mancate entrate derivante dalla differenza tra le somme che l’Azienda sanitaria Continue reading

Privacy e diritto del lavoratore: se la scheda di valutazione non è esibita, la valutazione è da considerarsi non avvenuta.

Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 6775 del 7 aprile 2016

Il diritto riconosciuto ai lavoratori dipendenti di ottenere che le valutazioni datoriali su rendimento e capacità professionale, espresse con le note di qualifica, siano formulate nel rispetto dei parametri oggettivi previsti dal contratto collettivo e degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375, cod. civ., oltre che della inerente necessaria trasparenza può essere fatto valere in sede giudiziaria – pure a prescindere da un immediato effetto negativo subito, venendo in considerazione la tutela della dignità del lavoratore – onde ottenere il controllo da parte del giudice della conformità del procedimento seguito per la formulazione delle suindicate valutazioni ai suddetti parametri, gravando sul datore di lavoro l’onere di motivare le note di qualifica medesime, per permettere lo svolgimento di tale controllo giudiziale, il quale non è limitato alla mera verifica della coerenza estrinseca del giudizio riassuntivo della valutazione, ma ha ad oggetto la verifica della correttezza del procedimento di formazione del medesimo. Sicché esso richiede di prendere in esame sia i dati sia positivi che negativi rilevanti al fine della valutazione, non potendo invece tenersi conto di quelli estranei alla prestazione lavorativa (Cass. 20 giugno 2003, n. 9898; (Cass. 9 gennaio 2001, n. 206; Cass. 8 agosto 2000, n. 10450), comportando la violazione del suddetto obbligo datoriale la conseguenza, che, la valutazione stessa debba ritenersi non avvenuta (Cass. 22 agosto 2001, n. 11207).