La prescrizione del danno erariale, se non c’è dolo, non decorre dalla verifica ispettiva del MEF

Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 116 del 09 marzo 2022

La vicenda, introdotta con atto di citazione del 13 marzo 2018, ha ad oggetto la presunta illegittima definizione del procedimento di valutazione dell’attività effettuata nel 2011 del dirigente titolare di posizione organizzativa, Dott. X, in assenza di conclusioni del Nucleo di Valutazione che ha poi condotto alla conseguente erogazione dell’indennità di risultato

L’indagine è stata avviata a seguito delle risultanze di un’attività ispettiva del MEF nell’amministrazione presunta danneggiata. Con particolare riferimento alla vicenda in oggetto, il giudice di prime cure ha evidenziato che il danno erariale risulterebbe cagionato dall’aver dato corso, a seguito della definizione della procedura di valutazione dei dirigenti avvenuta con determinazione n.750 del 23 maggio 2012, al pagamento di somme premiali senza alcuna ragionevole motivazione in ordine al grado di raggiungimento degli obiettivi gestionali.

In particolare, la Sezione lombarda, superando l’eccezione formulata dall’odierno appellante, ha ritenuto che, nel caso di specie, la prescrizione dovesse decorrere dalla data della verifica ispettiva di settembre 2013, e non già dalla data del mandato di pagamento facendo leva sul combinato disposto di cui all’art.1 comma 2 della l.20/1994 e dell’art.2935 c.c. secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

Il Collegio ritiene che la tesi del giudice di prime cure relativa al termine iniziale della prescrizione, sebbene accuratamente argomentata, non può trovare accoglimento, ritenendosi fondato, pertanto, il relativo motivo d’appello formulato dall’appellante.

Non appare in atti che l’appellante o altro soggetto abbiano posto in essere alcuna attività volta ad occultare il danno ormai cagionato.

Sul punto la Suprema Corte ha evidenziato che “In tema di risarcimento del danno, l’impossibilità di far valere il diritto quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende, quando il danno sia percepibile all’esterno e conoscibile da parte del danneggiato, gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, tra i quali l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, o il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento” (Corte di Cassaz. Sez.III Civ., 9 luglio 2018, n.19193; in termini identici Corte di Cassaz, Sez. III 6 ottobre 2014, n.21026)

Sul punto, fra l’altro, la giurisprudenza contabile, nell’interpretare le specifiche disposizioni in tema di responsabilità amministrativa, in un caso analogo, ha avuto modo di sottolineare che “In buona sostanza, poiché è principio generale del nostro ordinamento quello secondo cui la prescrizione decorre da quando il diritto può essere fatto valere, e poiché tale termine non può iniziare a decorrere prima della conoscibilità del comportamento dannoso, è solo nel caso di occultamento doloso che il termine di prescrizione dell’azione di danno contro il responsabile (che ha agito con dolo) decorre dal disvelamento -di natura tecnica e giuridica, peraltro, non quale mera scoperta- dell’occultamento doloso. La giurisprudenza assolutamente prevalente ritiene che il legislatore, con la norma in questione abbia voluto ribadire il principio della decorrenza del termine prescrizionale dal momento della conoscibilità obiettiva del danno, restando salvo il principio della conoscenza effettiva solo in caso di occultamento doloso” (Corte dei conti, Sez. II Giurisdiz. Centr., 20 luglio 2017, n.498;).

Più di recente, anche le sezioni territoriali hanno aderito ai principi sopra esposti (ex multis Sez. Giurisdiz. Veneto, 5 maggio 2020, n.61; Sez.Giurisdiz. Piemonte 18 gennaio 2021, n. 7).

La mancata riproposizione della Procura generale della tesi sostenuta in primo grado in ordine alla scissione degli effetti della notifica effettuata dell’invito a dedurre- ritenuta assorbita dal giudice di prime cure ed idonea ad avere effetto interruttivo della prescrizione nei confronti dell’appellante – esime questo Collegio dalla analitica valutazione della stessa. (Corte di cassaz., SS.UU. 21 marzo 2019, n.7940), sebbene deve sottolinearsi che la giurisprudenza d’appello ha escluso che, ai fini della costituzione in mora, possa trovare applicazione l’invocata scissione degli effetti (cfr Sez.II Giursdiz.Centr., 19 marzo 2019, n.84).

In conclusione, va accolto il motivo d’appello sopra ampiamente esposto e, per l’effetto va dichiarata la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, con contestuale assorbimento degli altri motivi di gravame attinenti al merito della vicenda.

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