In controtendenza: per l’omesso versamento dell’imposta di soggiorno è competente il giudice tributario, non la Corte dei Conti.

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, sentenza n. 178 del 24 marzo 2023

In evidente disaccordo con una recentissima pronuncia della Prima Sezione Centrale d’Appello della Corte dei Conti (cfr Confermato: permane la giurisdizione della Corte dei Conti per l’imposta di soggiorno, anche dopo la novella legislativa) , la sezione giurisdizionale della Regione Lazio ha deciso come segue.

Prima della modifica normativa di cui all’articolo 180, comma 3, d.l. 34/2020, la giurisprudenza contabile e civile aveva ritenuto che il gestore della struttura recettiva, non potendo assumere, nel silenzio del legislatore, né la funzione di sostituto né quella di responsabile di imposta, potesse essere qualificato, in virtù dei compiti attribuiti dai regolamenti comunali, come un soggetto incaricato della riscossione dell’imposta e del successivo riversamento nelle casse comunali.

L’inserimento ex lege del gestore della struttura ricettiva nell’ambito del rapporto tributario non consente, ad avviso del Collegio, di poter applicare il predetto orientamento, né tantomeno i regolamenti comunali emanati in attuazione della vecchia disciplina. Difatti, partendo dalle considerazioni espresse dalla Cassazione penale secondo la quale dopo il d.l. 34/2020 i gestori delle strutture ricettive non possono più essere considerati agenti contabili (Cass. 19680/2021), essendo mutato il rapporto tra la struttura recettiva e l’ente impositore in cui il gestore è divenuto responsabile dell’imposta, pur rimanendo l’ospite della struttura il soggetto passivamente obbligato, deve escludersi, ad avviso del Collegio, la configurabilità del rapporto di servizio, presupposto necessario per la sussistenza della responsabilità amministrativo-contabile contestata dalla Procura attrice a carico degli odierni convenuti.


Tale rapporto non potrebbe evincersi nemmeno tramite il ricorso ai principi giurisprudenziali che, per individuare la figura dell’agente contabile fanno riferimento al c.d. maneggio di denaro pubblico, in quanto il gestore della struttura alberghiera non gestisce danaro qualificabile ab origine come pubblico, come un contabile pubblico, ma è responsabile del pagamento di una imposta, di cui ne risponde con danaro proprio, in caso di inadempimento del soggetto passivo dell’imposta, salvo l’esercizio del diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo. La mera destinazione pubblica del danaro, qualificabile come privato (sia esso del debitore principale che del responsabile di imposta) fino a quando non entra nelle casse dell’ente locale, è irrilevante ai fini della qualifica di contabile pubblico. In definitiva, il rapporto configurato dal legislatore tra gestore della struttura ricettiva e l’ente impositore, al pari di quello tra quest’ultimo e il soggetto passivo, è un rapporto di natura esclusivamente tributaria.
Opinare diversamente implicherebbe che tutti i responsabili o i sostituti di imposta (spedizionieri, banche, notai, ufficiali giudiziari e segretari delegati dalla P.A., datori di lavoro, cessionari d’azienda, etc.) dovrebbero essere considerati agenti contabili, evenienza mai affermata dalla giurisprudenza contabile, costituzionale e da quella regolatrice della giurisdizione.
Gli obblighi dichiarativi fanno, poi, capo, com’è noto, alla generalità dei contribuenti. Né i gestori in questione potrebbero essere assimilati alla figura dei notai, pure qualificati da una parte della giurisprudenza quale agente contabile pubblico, in relazione al versamento di alcune imposte, stante la qualifica di pubblico ufficiale che rivestono in relazione al complessivo esercizio delle loro funzioni (che non ricorre in capo ai responsabili della struttura alberghiera).


Infine, la conseguenza sul piano penale dell’abolizione del reato di peculato dopo le modifiche introdotte dal D.L. 34/2020 è dimostrativa – ad avviso della Sezione- del mutamento dello status del gestore nell’ambito del rapporto giuridico con l’ente impositore divenuto debitore in proprio nei confronti dello stesso, e non possessore di somme appartenenti all’ente locale (Cassazione penale sentenze n. 30227/2020, n. 36317/2020 e n. 41793/2021).


In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, va dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in favore del giudice tributario.

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