Acquistare anabolizzanti per consumo personale e ai soli fini estetici, non configura il reato di ricettazione o detenzione/commercio di sostanze vietate

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 8054 dep 22 febbraio 2024

Il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità per il delitto di ricettazione mancando il dolo specifico. Sostiene che la condotta,
consistita nell’aver ricevuto farmaci anabolizzanti la cui vendita non è autorizzata in Italia, non
sarebbe sorretta dal fine di profitto posto che detta finalità, che connota la fattispecie di
ricettazione, non può identificarsi con la finalità di miglioramento delle proprie prestazioni e del
proprio aspetto fisico.

Per rispondere alla censura difensiva sulla mancanza del dolo specifico (trattandosi di imputato che, non svolgendo attività professionistica né dilettantistica, aveva assunto anabolizzanti al solo fine di modificare l’aspetto fisico), la sentenza di appello richiama una sentenza della Corte di legittimità (Sez. 3, n. 16437 del 21/01/2020, Vergiani, Rv. 279274), secondo cui, per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti), previsto dall’art. 9, legge 14 dicembre 2000, n. 376 in materia di lotta contro il “doping” (fattispecie ora inserita nell’art. 586-bis cod. pen.), non è richiesto che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico. 

Tale interpretazione non sembra condivisibile, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 105 del 2022, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 586-bis, settimo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il dolo specifico anche per il reato di commercio illegale delle sostanze dopanti (per violazione dell’art. 76 Cost., non essendo stati rispettati i criteri della legge delega). 

La Consulta distingue le diverse fattispecie previste dalla norma: primo comma (chiunque procura, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo delle sostanze dopanti), con dolo specifico (al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti), a tutela non solo della salute, ma anche della regolarità delle competizioni agonistiche, punito con pena meno grave (tre mesi a tre anni); settimo comma (chiunque commercia le sostante dopanti), con dolo generico, a tutela principalmente della salute, punito più gravemente (da due a sei anni).

Nel caso di specie, sono contestati al X sia il primo che il settimo comma, ma dalla ricostruzione operata dalla Corte territoriale, non si comprende se la condotta dell’imputato sia stata inquadrata nella fattispecie di cui al primo comma, che però di riferisce ad attività sportive svolte a livello professionale o comunque agonistico, facendo la norma espresso riferimento alle “prestazioni agonistiche”, essendo volta a tutelare la regolarità delle competizioni agonistiche; ovvero al settimo comma che invece punisce la condotta di commercio, a tutela della salute individuale e collettiva e per la quale è irrilevante che siano poste in essere attività sportive (agonistiche o dilettantistiche), essendo richiesto il dolo generico.

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