La sospensione di nuovi accreditamenti non si accompagna alla proroga a tempo indeterminato di quelli esistenti, poichè mantiene un doppio regime giuridico irragionevolmente discriminatorio

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 06.11.2013, n. 5312
La sospensione di nuovi accreditamenti non si accompagna, nella legge statale, alla proroga a tempo indeterminato di quelli esistenti, presumendone la regolarità senza una verifica del possesso dei requisiti, ma è subordinata alla ricognizione del fabbisogno, mentre, nello stesso tempo, viene previsto, per le strutture già accreditate in via transitoria o provvisoria, un iter di regolarizzazione con date certe. Si tratta pertanto di normative, quella della Regione Calabria e quella nazionale, sostanzialmente diverse, accomunate solo dalla sospensione temporanea degli accreditamenti. Mentre però nella disciplina nazionale la sospensione si accompagna ad una progressiva e obbligatoria eliminazione delle situazioni precarie pregresse, in quella della Regione Calabria la sospensione si accompagna al congelamento delle posizioni esistenti, senza la previsione di un percorso di regolarizzazione”. Sotto questo aspetto, ha rilevato che “Non la semplice subordinazione dei nuovi accreditamenti alla ricognizione e determinazione del fabbisogno (condizione necessaria per evitare sprechi), ma l’effetto congiunto della perpetuazione della sanatoria, in favore di strutture delle quali la norma regionale censurata presume la regolarità, e della sospensione a tempo indeterminato di nuovi accreditamenti ha creato e mantiene un doppio regime giuridico irragionevolmente discriminatorio e pertanto incompatibile con il rispetto del principio di uguaglianza contenuto nell’art. 3, primo comma, Cost.”.
Non ha poi mancato di sottolineare come “Questa Corte, in materia di strutture sanitarie autorizzate e convenzionate con il SSN, ha precisato che le ripetute proroghe di situazioni illegali e la sanatoria di queste ultime, operate da leggi regionali, devono ritenersi costituzionalmente illegittime perché, in tal modo, o si sana soltanto la situazione di alcuni e non quella di altri, con violazione del principio di uguaglianza, oppure si proroga indefinitamente una situazione provvisoria, eludendo gli obblighi di adeguamento previsti dalle disposizioni statali”.
In tale ottica, la ripetuta norma di cui all’art. 1, co. 796, lett. u), della legge n. 296 del 2006 non può comunque che essere interpretata, in senso costituzionalmente orientato, per come preclusiva di qualsiasi nuovo accreditamento, dunque anche di quello “in sanatoria” di cui si è discusso.

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