Corte dei Conti, SS.RR., sentenza n. Sentenza n. 2/2017/QM del 30 gennaio 2017
Con la sentenza/ordinanza n. 28/2016 del 19.01.2016 la Sezione Prima giurisdizionale centrale d’Appello ha deferito a queste Sezioni riunite della Corte dei conti, una questione di massima, affinché rispondano al seguente quesito: “se l’art. 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, possa essere interpretato nel senso che l’obbligo di denuncia di un danno erariale sussista anche nell’ipotesi in cui esso si risolva in una autodenuncia del soggetto agente”.
I giudici della Corte dei Conti di prime cure avevano condannati i convenuti per violazione dell’obbligo di denuncia ex art. 1, comma 3, della l. n. 20/1994, in relazione all’illecito esborso per canoni di locazione di immobile di nuova acquisizione.
Questi avevano eccepito la prescrizione quinquennale per il fatto principale, e che non si poteva, decorso il quinquennio, condannarli per aver omesso la denuncia di se stessi.
Le SS.RR., invece, hanno osservato che l’applicazione dell’art. 1 comma 3 della l. n. 20 del 1994 non comporta una costrizione del soggetto gravato dall’obbligo di denuncia a dichiarare la propria responsabilità.
Le informazioni contenute, pur necessariamente specifiche e concrete, costituiscono meri strumenti conoscitivi di per sé inidonei ad incidere su posizioni soggettive di terzi e dello stesso soggetto informatore.
Quest’ultimo, infatti, è tenuto, come si è visto supra, unicamente alla tempestiva sottoposizione del fatto dannoso al Pubblico Ministero, al quale solo spetta l’individuazione di presunti responsabili e la legittimazione all’azione entro il termine di prescrizione.
Nel contenuto minimo essenziale della denuncia rientrano, infatti, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 3 del 10.01.1957 “tutti gli elementi raccolti per l’accertamento della responsabilità e la determinazione dei danni”, dunque non necessariamente i soggetti coinvolti.
L’assunto non è smentito dall’art. 53 del citato d.lgs. n. 174 del 2016, secondo il quale la denuncia deve contenere “una precisa e documentata esposizione dei fatti e delle violazioni commesse”, e solo “ove possibile”, “l’individuazione dei presunti responsabili…”.
Tenuto conto che il legislatore ha posto la doverosità di un’informazione soggettivamente neutra e non si è spinto fino a richiedere un contributo conoscitivo tale da portare alla autoincolpazione, l’obbligo permane anche se dal relativo adempimento potrebbe discendere l’azione del Procuratore regionale, cui spetta la qualificazione giuridica delle condotte sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
Anche nell’ipotesi in cui l’incolpazione istruttoria (e poi eventualmente quella successiva processuale) ricada sul denunciante, è improprio sostenere che la segnalazione acquisti ex post il connotato della autodenuncia, determinandosi nella sostanza unicamente l’utilizzabilità da parte del Requirente dei dati di fatto – specifici e concreti – contenuti nella segnalazione stessa.
Nel delineato contesto è evidente che alla denuncia non sarebbe attribuibile natura di confessione stragiudiziale, con l’efficacia probatoria nel rapporto processuale di cui all’art. 2735 c.c., non essendo individuabile l’animus confitendi, escluso dallo specifico scopo di essa, che è unicamente quello di rendere possibili le indagini del Pubblico Ministero contabile.
Né, nell’eventualità in cui il Procuratore individui dal denunciato fatto foriero del nocumento alle casse dell’erario la presunta responsabilità del denunciante, la mancanza dell’alterità soggettiva determinerebbe l’ascrizione di un medesimo fatto a doppio titolo: il fatto illecito in disamina è diverso rispetto a quello “a monte” ed è ad esso subordinato, pur sussistendo l’identità del danno in termini ontologici.
L’antigiuridicità, infatti, è collegata all’inerzia che, avendo impedito il tempestivo esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli autori del danno “principale”, ha determinato, al decorso della prescrizione, la mancata reintegrazione dell’erario.
Nel caso in cui l’obbligato ometta (o ritardi), mediante condotta gravemente colposa (in quanto avrebbe potuto conoscere i fatti dannosi mediante la diligenza esigibile in relazione alle funzioni espletate) o intenzionale-dolosa, di denunciare il danno erariale, derivandone la prescrizione del diritto alla compensazione, risulterà perfezionato l’illecito amministrativo-contabile disciplinato dall’art. 1 comma 3 della l. n. 20 del 1994.
3. Peraltro la disciplina dell’illecito derivante dall’omessa denuncia non presenta neppure alcuna incongruenza rispetto alla prescrizione, come invece sostenuto dalle difese dei convenuti.
Va opportunamente considerato che, ove l’omessa denuncia sia in collegamento con il doloso occultamento del danno, in forza di specifica disposizione normativa al riguardo del dies a quo (art. 1, comma 2, della l. n. 20 del 14.01.1994, come sostituito dall’art. 3, comma 1 lett. b), della l. n. 639 del 20.12.1996) il termine quinquennale della prescrizione non decorrerebbe anteriormente al disvelamento del fatto dannoso originario (id est: evento di danno), ossia alla conoscenza di esso, aliunde avvenuta, da parte del PM contabile.
In linea concettuale l’omissione dolosa della denuncia è individuabile al cospetto di una condotta, riferita al fatto a monte, non solo dolosa, ma anche gravemente colposa (si pensi al danno derivato da attività materiale, quale quella di circolazione stradale o che richiede l’utilizzo di macchinari).
Nel diverso caso di omissione gravemente colposa della denuncia del fatto proprio dannoso (commesso con colpa grave), il dies a quo del termine quinquennale per la specifica fattispecie legale tipizzata dell’illecito (art. 1, comma 3, della l. n. 20/1994) coincide con il compimento del quinquennio dall’evento di danno.
Da quanto sin qui argomentato risulta che è esigibile in capo al soggetto obbligato alla denuncia secondo l’ordinamento di settore, titolare di una posizione soggettiva differenziata, il comportamento idoneo a rendere effettiva l’azione reintegratoria dell’organo pubblico, anche nel caso in cui a lui sia causalmente riferibile il nocumento, secondo il principio di autoresponsabilità che deve improntare lo svolgimento delle pubbliche funzioni.
Né convince l’argomentazione portata in causa circa un indebito effetto duplicativo della prescrizione nei confronti del soggetto cosiddetto “autodenunciante”.
Infatti, come si è già evidenziato, egli risponde per due distinte violazioni dell’obbligo di servizio, legate causalmente la prima alla attualizzazione dell’evento di danno e la seconda alla omessa segnalazione dell’evento medesimo, che ha determinato la non recuperabilità di esso.
Quindi, in conclusione, le SS.RR. hanno affermato che L’art. 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 va interpretato nel senso che l’obbligo di denuncia di un danno erariale sussiste anche nell’ipotesi in cui esso si risolva in una autodenuncia del soggetto agente
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