E’ confermato: ai politici le PP.AA. non possono pagare nessun incarico, comunque denominato, con la sola esclusione dei revisori.

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Regione Veneto, deliberazione n. 131 n. 131/2017/PAR dep 2 marzo 2017
Già la Sezione Autonomie ha infatti ritenuto di non doversi discostare dall’orientamento consolidato delle Sezioni regionali di controllo

(tra le altre: Lombardia, deliberazioni n. 144/2011/PAR del 24 marzo 2011, n. 199/2012/PAR del 16 maggio 2012 e n. 257/2012/PAR del 31 maggio 2012; Puglia, deliberazione n. 123/2015/PAR del 19 maggio 2015; Emilia-Romagna, deliberazione n. 149/2015/PAR del 18 novembre 2015) rilevando che si è affermato costantemente da parte dalle predette Sezioni regionali, che lo svolgimento di qualsiasi incarico di natura elettiva (a prescindere dalla percezione di un emolumento per lo stesso) determina l’applicazione del vincolo di finanza pubblica introdotto dall’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010.
La motivazione a suffragio della menzionata interpretazione si basa sulla ratio legis della norma, che non è rinvenibile in una preclusione ex se dello svolgimento di “qualsiasi incarico” in favore di pubbliche amministrazioni da parte di titolare di carica elettiva, bensì nell’escludere che il titolare di cariche elettive possa percepire ulteriori emolumenti per “lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo” (Sezione delle Autonomie delibera n. 11/SEZAUT/2016/QMIG).
Oltre alla evidenziata ratio normativa, occorre ricordare che la stessa Sezione Autonomie della Corte ha ripetutamente richiamato (per tutte, si veda la deliberazione n. 28/SEZAUT/2015/QMIG) le ragioni che inducono a privilegiare interpretazioni il più possibile aderenti al tenore letterale delle norme rispetto a soluzioni ermeneutiche additive o derogatorie giungendo pertanto ad affermare, anche nella delibera n. 11/2016, che “…in via generale, pertanto, la locuzione “qualsiasi incarico conferito” contenuta nella norma de qua è da interpretarsi evitando di operare distinzioni non espressamente volute dal legislatore circa la natura dell’incarico medesimo: la circostanza che si tratti di un incarico di natura squisitamente tecnica non si ritiene idonea a mutare l’orientamento giurisprudenziale rigorosamente conforme alla lettera e alla ratio della disposizione normativa in oggetto”.
Proprio seguendo tale enunciato, la medesima Sezione delle autonomie della Corte dei conti, sulla questione di massima rimessa da questa Sezione con la deliberazione n. 569/2015/QMIG, ha stabilito che “la disciplina vincolistica contenuta nell’art. 5, comma 5, decreto- legge n. 78/2010 si riferisce a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominato” ed ha individuato quale unica eccezione a tale principio la tipologia degli incarichi obbligatori ex lege di cui all’ art. 35, co. 2-bis del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 ovvero gli incarichi conferiti ai membri di collegi di revisione dei conti e sindacali.

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