Estensione di una gara anche ad altre amministrazione: fondamento normativo e limiti

TAR Toscana, sentenza n. 783 del 8 giugno 2017
Recentemente il Consiglio di Stato ha approfondito l’argomento della estensione contrattuale di una gara a nuove amministrazioni nell’ordinanza di rimessione alla Corte di giustizia

n. 1690 del 2017 nella quale il contratto con clausola di adesione non è stato più ricondotto alle discipline generali e di settore sulle centrali di committenza ma all’istituto dell’accordo quadro.
E’ infatti nella disciplina degli accordi quadro che le fonti comunitarie stabiliscono a quali condizioni il contratto stipulato fra un’amministrazione aggiudicatrice (sia essa o meno una centrale di committenza) ed un operatore economico all’esito di una gara possa essere utilizzato da amministrazioni aggiudicatrici diverse, prevedendo che queste debbano essere chiaramente individuate nell’avviso di indizione di gara (art. 33 comma 2 direttiva 24/2014) anche quando la stessa venga bandita da una centrale di committenza (la quale dovrebbe preventivamente rendere identificabili alle imprese interessate le identità delle amministrazioni aggiudicatrici che potenzialmente potrebbero far ricorso all’accordo quadro e la data in cui le stesse hanno acquisito il diritto di avvalersene – 60° considerando direttiva 24/2014).
Tale disciplina, pur essendo dettata con specifico riguardo agli accordi quadro, è espressione del più generale principio comunitario di pubblicità che sta alla base di tutti i confronti concorrenziali e risulta quindi applicabile anche nel caso in cui il contratto aperto non abbia carattere normativo ma definisca in modo puntuale quantità e qualità delle prestazioni da eseguire.
X ha ritenuto di poter applicare in sede di estensione del contratto ad altra amministrazione aggiudicatrice la norma sulle varianti contrattuali contenuta nell’art. 311 del D.P.R. 207 del 2010 vigente al tempo.
Siffatta situazione, tuttavia, non può ravvisarsi nei casi in cui la variazione del contratto in corso d’opera non sia richiesta dalla medesima amministrazione in favore della quale l’aggiudicatario sta già eseguendo la prestazione ma da una diversa amministrazione che vorrebbe aderirvi ex novo avvalendosi della clausola di estensione.
Né, in senso contrario, può affermarsi che l’applicazione della disciplina delle varianti in corso d’opera anche alla nuova amministrazione aggiudicatrice gioverebbe alle esigenze di economicità e concentrazione degli acquisiti che stanno alla base della clausola di adesione, consentendo di estenderla anche in quei casi in cui siano richieste prestazioni accessorie.
In primo luogo perché in tale ipotesi si tratta di operare un bilanciamento fra interessi diversi da quelli presi in considerazione dalla norme sulle varianti in corso d’opera che, in assenza di copertura legislativa, non può essere autonomamente effettuato dall’amministrazione.
E, in secondo luogo, per il fatto che la legittimazione di operazioni di questo tipo si risolverebbe in una sorta di moltiplicatore degli effetti anti concorrenziali insiti in qualsiasi variante, effetti che se appaiono tollerabili (in ragione del bilanciamento di cui è detto) quando la modifica delle condizioni riguarda l’amministrazione con cui il contratto è in corso non possono ugualmente esserlo in una situazione in cui le varianti (da affidare senza gara) potrebbero riguardare una pluralità di amministrazioni interessate ad adattare il medesimo contratto (ancora da stipulare) alle proprie specifiche esigenze.
Sono queste le ragioni per cui questa Sezione ha già affermato che la adesione, in forza di specifica clausola, ad un contratto stipulato da altra amministrazione aggiudicatrice ha come presupposto l’identità dell’oggetto dei due contratti o, comunque, che le prestazioni acquisite attraverso l’estensione siano determinabili in base a criteri trasparenti che possano evincersi dalla stessa lex specialis in modo che nessuna incertezza possa sussistere al riguardo (TAR Toscana, III, 183/ 2017; Cons. Stato, V, 663/2014).

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