Corte di Cassazione, sentenza n. 14200 del 4 giugno 2018
L’art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001, come modificato dal d.lgs. n. 150/2009, nel disporre che l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari «contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento», non obbliga il soggetto titolare del potere a procedere direttamente a tutti gli atti istruttori necessari, perché ciò che rileva, ai fini della validità della sanzione inflitta, è che i risultati dell’attività svolta dagli ausiliari vengano fatti propri dal dirigente che ricopre l’ufficio, il quale deve provvedere alla contestazione dell’addebito, all’esame dell’istruttoria compiuta, all’irrogazione della sanzione ( Cass. 2.3.2017 n. 5317). La delega degli atti istruttori è stata, quindi, ritenuta ammissibile in fattispecie nelle quali l’atto era stato delegato a dipendenti assegnati alla struttura amministrativa dell’ufficio per i procedimenti ( Cass. n. 5317/2017 cit.), ad altri dirigenti ( Cass. 9.12.2015 n. 24828) nonché ai singoli componenti dell’ufficio a composizione collegiale, giacché in tal caso la necessaria collegialità resta circoscritta alle attività valutative e deliberative vere e proprie e non si estende «a quelle preparatorie, istruttorie o strumentali, verificabili a posteriori dall’intero consesso» ( Cass. 26.4.2016 n. 8245). Più in generale questa Corte ha affermato che le norme sulla competenza non vanno confuse con le regole del procedimento per cui, ove risulti che quest’ultimo sia stato comunque gestito dal soggetto titolare del potere, non ogni difformità rispetto alla previsione normativa produce la nullità della sanzione, configurabile solo qualora l’interferenza di organi esterni all’U.P.D. « abbia determinato decisiva – nel senso di sostitutiva e non meramente additiva – compartecipazione del soggetto estraneo all’adozione del provvedimento, con conseguente inammissibile sostanziale trasferimento della competenza dall’organo competente ad un diverso organo, sicuramente non competente.» ( Cass. 7.6.2016 n. 11632).
I richiamati principi, condivisi dal Collegio che agli stessi intende dare continuità, orientano anche nella soluzione della questione che qui viene in rilievo, posto che non appare decisiva per escludere la legittimità della delega la circostanza che la stessa sia stata conferita ad un dirigente periferico del Ministero, estraneo alla struttura amministrativa dell’UPD. Va premesso che gli atti del procedimento disciplinare, in quanto espressione di un potere privatistico del datore di lavoro, non hanno natura amministrativa, sicché rispetto agli stessi non operano i principi che, in relazione agli atti autoritativi, limitano la delega di funzioni. Ne discende che quest’ultima, in assenza di una specifica previsione normativa, deve essere esclusa solo nelle ipotesi in cui l’attribuzione del potere ad altro soggetto, anche se momentanea e circoscritta al compimento del singolo atto, si risolverebbe nella mortificazione delle finalità che il legislatore ha inteso perseguire attraverso la previsione di un apposito ufficio per i procedimenti, competente ad irrogare le sanzioni più gravi, finalità già individuate da questa Corte nell’esigenza di offrire al lavoratore pubblico sufficienti garanzie di imparzialità, in ragione della “specializzazione” di tale organo e della sua indifferenza rispetto al capo della struttura del dipendente incolpato, coinvolto direttamente nella vicenda disciplinare ( Cass. n. 11632/2016 e Cass. n. 5317/2017 cit.). In quest’ottica si deve ritenere che, mentre non è ammissibile la delega rispetto ad atti che implicano un’attività valutativa e decisoria, non altrettanto può dirsi per quelli meramente istruttori, che vengano compiuti su indicazione dell’ufficio delegante ed i cui esiti siano sottoposti a verifica da parte di quest’ultimo. In tal caso, infatti, non subisce alcuna lesione il diritto di difesa del dipendente incolpato né viene meno la garanzia di terzietà, da intendersi nei termini indicati da Cass. n. 5317/2017, perché l’atto è comunque riferibile al soggetto delegante, il quale resta dominus dell’istruttoria ed è chiamato a valutarne all’esito i risultati, quanto alla completezza degli atti assunti ed all’idoneità degli stessi a sorreggere l’accusa disciplinare.
Non si ravvisa, pertanto, la denunciata violazione dell’art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001 perché la Corte territoriale, nell’escludere che la delega dell’audizione avesse compromesso il diritto di difesa del dipendente, esercitato anche mediante deposito di memoria difensiva, inoltrata all’UPD e da questo esaminata, si è attenuta ai principi di diritto richiamati nei punti che precedono.