Corte di Cassazione, sentenza n. 30126 del 21 novembre 2018
Ai fini della sussistenza di una situazione di incapacità di intendere e di volere (quale prevista dall’art. 428 cod. civ.) costituente causa di annullamento del negozio, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente un turbamento psichico tale da impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all’importanza dell’atto che sta per compiere. Peraltro, laddove si controverta della sussistenza di una simile situazione in riferimento alle dimissioni del lavoratore subordinato il relativo accertamento deve essere particolarmente rigoroso, in quanto le dimissioni, comportano la rinunzia del posto di lavoro – bene protetto dagli artt. 4 e 36 Cost. – sicché occorre accertare che da parte del lavoratore sia stata manifestata in modo univoco l’incondizionata e genuina volontà di porre fine al rapporto stesso.