TAR Lazio, sentenza n. 3715 del 20 marzo 2019
Un concorrente partecipava ad un concorso, si classificava in posizione utile, ma successivamente perveniva allo stesso, a mezzo p.e.c., la comunicazione di esclusione dalla procedura selettiva.
Detta esclusione veniva così motivata dalla amministrazione “Dal controllo effettuato presso il Sistema Informativo del Casellario Giudiziale del Ministero della Giustizia, al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni da lei rese nella domanda di partecipazione, risulta a suo carico un decreto penale del G.I.P. Tribunale di Ragusa esecutivo il 24 settembre 2009 per i reati di cui agli artt. 55 e 1161 del Codice della navigazione. Nella domanda di partecipazione lei ha dichiarato di non aver riportato condanne penali. Pertanto, ai sensi dei citati punti del bando di concorso, è escluso dalla procedura in oggetto”.
Rilevava il concorrente che il reato menzionato dal provvedimento era un reato contravvenzionale, di natura eccezionalmente lieve, estinto dal 24-9-2011, e riguardante una fattispecie risalente a 10 anni prima della domanda concorsuale. L’accertamento penale, da cui è scaturito il decreto di condanna, traeva origine da un errore causato dal Comune di Santa Croce Camerina che autorizzò i lavori straordinari sulla copertura dell’immobile, poi eseguiti dal ricorrente, sull’erroneo presupposto che il competente Assessorato regionale avesse già rilasciato l’autorizzazione di competenza (nell’autorizzazione edilizia veniva erroneamente richiamato un parere della Capitaneria di Porto relativo, invece, ad altro intervento manutentivo, che di fatto ha indotto in errore il ricorrente). Infatti, proprio il Comune di Santa Croce Camerina metteva in evidenza tale “errore materiale”.
Osserva il Collegio, come recentemente rilevato dal TAR Puglia, sent. n. 1189 del 7 agosto 2018, che:“in merito alla necessità di una declaratoria o meno di estinzione del reato, a seguito di sospensione condizionale della pena e/o di cd. pena patteggiata, si è registrato un contrasto giurisprudenziale, che vede la tesi prevalente della necessità di una pronuncia espressa in merito alla intervenuta estinzione (ex multis: T.A.R. Lazio, sez. II, 24 maggio 2018 n. 5755; Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017 n. 4077; Cons. St., sez. V, 15 marzo 2017 n. 1172; Cons. St, sez. V, 28 dicembre 2016 n. 5478; Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014 n. 4528; Cons. St., sez. VI, 3 ottobre 2014 n. 4937), contraddetta da una tesi minoritaria, affiorata anche nella giurisprudenza recente (Cons. St., sez. VI, ), che invece reputa sufficiente la constatazione della circostanza del mero decorso del tempo successiva alla sentenza di condanna a pena sospesa o patteggiata, onde poter ricavare il maturato effetto estintivo del reato, che esima il partecipante alla procedura di evidenza pubblica dal palesare in sede di gara il precedente penale subito.
In particolare, la tesi maggioritaria prevede che il giudice dell’esecuzione sia l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la declaratoria di estinzione, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna (in termini, Cons. Stato, III, 5 ottobre 2016, n. 4118; V, 18 giugno 2015, n. 3105; V, 17 giugno 2014, n. 3092; V, 5 settembre 2014, n. 4528).
Il Collegio ritiene che le considerazioni sopra riferite debbano essere certamente condivise quando si tratti della materia di appalti pubblici, posto che esiste nel codice dei contratti pubblici vigente (come nel precedente codice) una norma espressa che prevede la non operatività delle cause di esclusione “quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna” (cfr. art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. 163/2006, e art. 80, comma 3, d.lgs. 50 del 2016).
In mancanza di analoga norma in materia di procedure selettive e di concorso per l’accesso al pubblico impiego, tuttavia, è dubbio che l’operatività automatica dell’estinzione del reato, (senza cioè che sia necessario un provvedimento di declaratoria di estinzione da parte del giudice penale) non possa applicarsi anche nelle procedure concorsuali, in quanto non sembra possa giustificarsi, in due diversi rami dell’ordinamento, penale e amministrativo, in mancanza di alcuna specifica indicazione normativa, una diversa operatività del medesimo istituto.