La relata di notifica dell’agente postale fa fede fino a querela di falso

Corte di Cassazione, sentenza n. 3241 del 11 febbraio 2020

La Suprema Corte è costante nell’affermare che la relazione di notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario attestante il compimento delle prescritte formalità, così come l’attestazione sull’avviso di ricevimento con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890/1982, fa fede fino a querela di falso essendo tale notificazione un’attività compiuta, in proprio o per delega, dall’ufficiale giudiziario, il quale in forza dell’art. 1 della citata legge n. 890 del 1982 è autorizzato ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l’incarico. Ne consegue che l’avviso di ricevimento, a condizione che esso sia sottoscritto dall’agente postale, contiene, per le attività che risultano in esso compiute, una forza certificatoria sino a querela di falso (Cass. n. 3065 del 2003; Cass. n. 24852 del 2006 e più di recente, Cass. n. 2486 del 2018, Cass.2058/2019, Cass. 8082/2019). La Commissione tributaria regionale ha correttamente dato applicazione a tale principio considerando l’avviso di ricevimento contestato atto pubblico con fede privilegiata impugnabile solo attraverso il procedimento di querela di falso.

L’incompatibilità non si applica ai meri soci di capitale non coinvolti nella gestione delle farmacie

Corte Costituzionale, sentenza n. 11 dep 5 febbraio 2020

L’incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato, se era coerente con il precedente modello organizzativo – che, allo scopo di assicurare che la farmacia fosse comunque gestita e diretta da un farmacista, ne consentiva l’esercizio esclusivamente a società di persone composte da soci farmacisti abilitati, a garanzia dell’assoluta prevalenza dell’elemento professionale su quello imprenditoriale e commerciale –, coerente (quella incompatibilità) non lo è più nel contesto del nuovo quadro normativo di riferimento che emerge dalla citata legge n. 124 del 2017, che segna il definitivo passaggio da una impostazione professionale-tecnica della titolarità e gestione delle farmacie ad una impostazione economico-commerciale. Innovazione, quest’ultima, che si riflette appunto nel riconoscimento della possibilità che la titolarità nell’esercizio delle farmacie private sia acquisita, oltre che da persone fisiche, società di persone e società cooperative a responsabilità limitata, anche da società di capitali; e alla quale si raccorda la previsione che la partecipazione alla compagine sociale non sia più ora limitata ai soli farmacisti iscritti all’albo e in possesso dei requisiti di idoneità. Ragion per cui non è neppure più ora indispensabile una siffatta idoneità per la partecipazione al capitale della società, ma è piuttosto richiesta la qualità di farmacista per la sola direzione della farmacia: direzione che può, peraltro, essere rimessa anche ad un soggetto che non sia socio.

Essendo, dunque, consentita, nell’attuale nuovo assetto normativo, la titolarità di farmacie (private) in capo anche a società di capitali, di cui possono far parte anche soci non farmacisti, né in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società, è conseguente che a tali soggetti, unicamente titolari di quote del capitale sociale (e non altrimenti vincolati alla gestione diretta da normative speciali), non sia pertanto più riferibile l’incompatibilità «con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico privato», di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 8 della legge n. 362 del 1991.