Anche alla somministrazione di lavoro invalida nella PA, si applicano i criteri di risarcimento previsti per i contratti a termine

Corte di Cassazione, sentenza n. 3815 del 15 febbraio 2021

Il diritto interno regola la somministrazione di lavoro a termine invalida secondo modalità comuni, nei riguardi dell’utilizzatore, a quelle previste per il caso in cui ab origine il datore di lavoro sia ricorso a contratti a termine illegittimi, va da sé che, allorquando la parte faccia valere, verso la P.A. utilizzatrice, la violazione di norme, quale è quella sulla “causale” del contratto di somministrazione, preposte a prevenire l’abusiva stipulazione di contratti a termine, deve applicarsi il principio di diritto enunciato da Cass. SU 15 marzo 2016 n. 5072 secondo cui «nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165,  art. 36, comma 5, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura e nei limiti di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, e quindi nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8».

E’ ben vero che il punto 4 del preambolo all’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/Ce sul lavoro a termine afferma che esso non si applicherebbe ai contratti a tempo determinato stipulati attraverso un’agenzia di lavoro interinale (ipotizzando soltanto un successivo specifico accordo in proposito) e che la Corte di Giustizia ha escluso che di per sé i contratti di lavoro a termine stipulati in sede di somministrazione siano soggetti all’applicazione della Direttiva 1999/70/CE (Corte di Giustizia 11 aprile 2013, causa C-290/12, Della Rocca). Ciò significa però soltanto che non è prevista un’applicazione diretta di tale direttiva al lavoro somministrato.

Non è invece esclusa la possibilità di riconoscere l’operatività di regole risarcitorie identiche a quelle ricavate nel contesto generale dei contratti a termine illegittimi con la P.A. e ciò proprio per il fatto che il diritto interno, come si è visto, persegue il fine preventivo dell’abuso, nel contesto contrattuale della somministrazione di lavoro, riportando la disciplina, sia prima che dopo l’intervento della Direttiva 2008/104/CE, data la contiguità dei fenomeni, a quella del contratto a termine con clausola di durata illegittima. Tutto ciò consente, attraverso un’applicazione – questa volta “indiretta” – dell’art. 32, co. 5 cit., di disattendere anche la seconda parte del motivo di impugnazione, avendo la Corte territoriale correttamente proceduto ad applicare tale norma al contesto dei plurimi rapporti a termine intercorsi

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