Danno differenziale e INAIL: la Cassazione ricorda i principi

Corte di Cassazione, sentenza n 26117 del 27 settembre 2021

Nel caso di infortunio non mortale, l’INAIL esegue in favore della vittima quattro prestazioni principali:

a) eroga una somma di denaro a titolo di ristoro del danno biologico permanente (art. 13 d. Igs. 23.2.2000 n. 38); tale importo viene liquidato in forma di capitale per le invalidità comprese tra il 6 e il 16%, ed in forma di rendita per le invalidità superiori;

b) eroga una somma di denaro a titolo di ristoro del danno (patrimoniale) da perdita della capacità di lavoro; tale danno è presunto juris et de jure nel caso di invalidità eccedenti il 16%, e viene indennizzato attraverso una maggiorazione della rendita dovuta per il danno biologico permanente (art. 13, comma 2, lettera (b), d. Lgs. 38/2000); tale maggiorazione è calcolata moltiplicando la retribuzione del danneggiato per un coefficiente stabilito dall’Allegato 6 al d.m. 12.7.2000;

c) eroga una indennità giornaliera per il periodo di assenza dal lavoro, commisurata alla retribuzione e decorrente dal quarto giorno di assenza (art. 68 d.p.r. 1124/65, cit.); d) si accolla le spese di cura, di riabilitazione e per gli apparecchi protesici (art. 66 d.p.r. 1124/65).


L’INAIL, dunque, non indennizza il danno biologico temporaneo, non accorda alcuna “personalizzazione” dell’indennizzo per tenere conto delle specificità del caso concreto, non indennizza i pregiudizi non patrimoniali non aventi fondamento medico-legale (ovvero i pregiudizi morali).
Applicando dunque all’INAIL il criterio generale enunciato supra, ne risulta che:

(a) se l’INAIL ha pagato al danneggiato un capitale a titolo di indennizzo del danno biologico, il relativo importo va detratto dal credito risarcitorio vantato dalla vittima per danno biologico permanente, al netto della personalizzazione e del danno morale (Sez. L – , Sentenza n. 9112 del 02/04/2019, Rv. 653452 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 26.6.2015);

(b) se l’INAIL ha costituito in favore del danneggiato una rendita, occorrerà innanzitutto determinare la quota di essa destinata al ristoro del danno biologico, separandola da quella destinata al ristoro del danno patrimoniale da incapacità lavorativa; la prima andrà detratta dal credito per danno biologico permanente, al netto della personalizzazione e del danno morale, la seconda dal credito per danno patrimoniale da incapacità di lavoro, se esistente;

c) poiché il credito scaturente da una rendita matura de mense in mensem, il diffalco di cui al punto (b) che precede dovrà avvenire, con riferimento al danno biologico: c’) sommando e rivalutando dei ratei di rendita già riscossi dalla vittima prima della liquidazione; c”) capitalizzando il valore della rendita non ancora erogata, in base ai coefficienti per il calcolo dei valori capitali attuali delle rendite INAIL, di cui al d.m. 22 novembre 2016 (in Gazz. Uff. 19 dicembre 2016, n. 295, Suppl. Ord.) Ovviamente l’una e l’altra di tali operazioni andranno compiute sulla quota-parte della rendita omogenea al danno che si intende liquidare: e dunque la quota-parte destinata all’indennizzo del danno biologico o quella destinata all’indennizzo del danno patrimoniale, a seconda che si tratti di liquidare l’uno o l’altro;

(d) il risarcimento del danno biologico temporaneo, del danno morale e della c.d. “personalizzazione” del danno biologico permanente in nessun caso potranno essere ridotti per effetto dell’intervento dell’assicuratore sociale;

(e) il credito per inabilità temporanea al lavoro e quello per spese mediche di norma non porranno problemi di calcolo del danno differenziale, essendo i suddetti pregiudizi integralmente ristorati dall’Inail, salvo ovviamente che la vittima deduca e dimostri la sussistenza di pregiudizi eccedenti quelli indennizzati dall’Inail (ad esempio, per la perduta possibilità di svolgere lavoro straordinario, o per spese mediche non indennizzate dall’Inail).

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