CEDU, sentenza del 17 febbraio 2022 (Application no. 46586/14)
Nel caso di specie, la Corte deve esaminare gli effetti della legge n. 296/2006 e la tempistica della sua attuazione. Infatti, l’emanazione della Legge n. 296/2006, mentre il giudizio era pendente, ha determinato l’esito delle controversie, e la sua applicazione da parte dei vari tribunali ordinari ha reso inutile il proseguimento del contenzioso di un intero gruppo di soggetti nella posizione del ricorrente. Pertanto, la legge ha avuto l’effetto di modificare definitivamente l’esito del contenzioso pendente di cui era parte lo Stato, avallando la posizione dello Stato a danno del ricorrente.
La Corte ribadisce che solo ragioni urgenti di interesse generale potrebbero essere idonee a giustificare tale ingerenza da parte del legislatore. Il rispetto dello stato di diritto e la nozione di equo processo richiedono che le ragioni addotte per giustificare tali provvedimenti siano trattate con il massimo grado di circospezione possibile (vedi Maggio e altri c. Italia, nn. 46286/09 e 4 altri, § 45, 31 maggio 2011).
Il governo ha ripetutamente sostenuto che vi era stato un filone giurisprudenziale minoritario che era sfavorevole a individui nella stessa posizione del ricorrente, come confermato dalla Corte costituzionale nella sua sentenza del 2011. La Corte rileva che al momento dell’emanazione della normativa impugnata la Corte dei Conti nella sua più alta formazione (le Sezioni Unite) aveva accolto l’orientamento a favore del ricorrente nella sentenza n. 8/QM/2002. In tale contesto, la Corte non riesce a discernere perché le decisioni giudiziarie contrastanti, soprattutto dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Corte dei conti, avrebbero richiesto un intervento legislativo in pendenza del procedimento. Ribadisce che tali divergenze sono una conseguenza intrinseca di qualsiasi sistema giudiziario che si basi su una rete di tribunali con autorità nell’area della loro giurisdizione territoriale, e il ruolo di una corte suprema è proprio quello di risolvere i conflitti tra le decisioni dei tribunali seguenti ( si veda, mutatis mutandis, Zielinski e Pradal e Gonzalez e altri, sopra citata, § 59).
Per quanto riguarda l’argomento del Governo secondo cui la legge era stata necessaria per far fronte al pesante squilibrio finanziario del sistema pensionistico, la Corte ha precedentemente affermato che considerazioni finanziarie non possono di per sé giustificare che il legislatore si sostituisca ai tribunali per dirimere le controversie (vedi , ad esempio, Zelinski e Pradal e Gonzalez e altri, sopra citata, § 59, Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 132, CEDU 2006‑V, e Maggio e altri, sopra citato, § 47).
Per quanto riguarda l’argomento del Governo secondo cui la legge era stata necessaria per realizzare un sistema pensionistico omogeneo, in particolare abolendo un sistema che privilegiava i pensionati del settore pubblico rispetto ad altri, mentre la Corte accetta che ciò sia un motivo di un certo interesse generale, non è convinto che fosse sufficientemente convincente per superare i pericoli insiti nell’uso della normativa retrospettiva, che ha l’effetto di influenzare la determinazione giudiziale di una controversia pendente (v. Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, § 49, 14 febbraio 2012).
In tale contesto, anche supponendo che la legge abbia cercato di reintrodurre l’intenzione originaria del legislatore, la Corte ritiene che l’obiettivo di armonizzazione del sistema pensionistico, pur nell’interesse generale, non fosse sufficientemente convincente per superare i pericoli insiti nell’uso di legislazione retroattiva che incide su una controversia pendente