La Corte dei Conti Lombardia insiste: la violenza sessuale è foriera di danno all’immagine

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 110 del 27 aprile 2002

La questione sottoposta al vaglio della Sezione concerne un tema ormai arato sul piano giurisprudenziale, ovvero quello del danno all’immagine arrecato alla p.a. da un suo dipendente per gravi fatti di reato (reiterati abusi sessuali ex artt.609bis comma 1-2, 609ter comma 1 n. 5bis – 609ter comma 2 c.p. 609quinquies comma 2 – 3) accertati con sentenza passata in giudicato e posti in essere a danno di un alunno di terza elementare affidato al maestro C.N..

Va premesso che sussistono i presupposti normativi per la proponibilità della domanda attorea, ovvero una domanda formulata nei termini prescrizionale e una previa condanna del convenuto in giudicato per un reato anche diverso da quelli contro la p.a.

A precedenti indirizzi intende rifarsi la Sezione anche in questo caso, richiamando gli argomenti sviluppati soprattutto da C.conti, sez. Lombardia, 1.12.2016 n.201 e da ultimo ribaditi da id., 11.10.2021 n.282 e id., 21.7.2021 n.233, pur consapevole di minoritari avversi indirizzi (C.conti, sez.Piemonte, 3.12.2021 n.320; id., sez.Puglia, 1.9.2021 n.767; id., sez.Puglia, 17.6.2021 n.574; id., sez.III app., 31.3.2020 n. 66; id., sez.Toscana nn. 272/2020, 174/2018 e 373/2019; in terminis Cass., sez.II pen., 11.12.2020 n.35477) che hanno escluso che il rinvio all’art. 7 della L.97/2001 fosse un rinvio dinamico e lo hanno considerato come rinvio materiale, statico e recettizio, con conseguente incorporazione, o integrazione, nella norma rinviante (cioè nell’art.17, co.30-ter) della norma rinviata (art.7, L.97/2001). Tale giurisprudenza, qui avversata, ha ritenuto, quindi, che anche nell’attuale formulazione dell’art. 51 del c.g.c. la risarcibilità del danno d’immagine resterebbe circoscritta alle ipotesi previste dall’art. 7 della legge 97/2001, per l’avvenuta incorporazione di tale norma nell’art. 17, co.30-ter d.l. 78/2009.

Ritiene invece la Sezione che il rinvio all’art.7, l. n.97 cit. da parte dell’art. 17, co. 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009 fosse dinamico e che la scelta, voluta e consapevole, di abrogare l’art.7 cit. ad opera del d.lgs. n.174 del 2016 comporti il venir meno dei restrittivi ed irragionevoli angusti limiti alla perseguibilità del danno all’immagine.

E la novella abrogatrice del d.lgs. n.174 del 2016, che ad avviso della Sezione consente di perseguire danni all’immagine connessi a reati comuni e non solo contro la p.a., opera su tutti i giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, anche qualora i fatti siano stati posti in essere prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n.174 del 2016, come chiarito dalla giurisprudenza con riferimento all’identico tema della immediata applicabilità dell’art.17, co.30-ter, d.l. n.78 cit. a fatti anteriori (C.conti sez.riun., 12/2011 QM; id., sez.Sardegna, 24.6.2021 n.229).

Per chiudere sul punto, va rimarcato che la recente pronuncia 4.7.2019 n. 191 della Corte Costituzionale non depone, ed anzi smentisce, gli approdi ermeneutici della giurisprudenza qui avversata: difatti la Consulta, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell‘art. 51, commi 6 e 7, dell’Allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 sollevate dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, in relazione agli artt. 3, 76, 97 e 103 della Costituzione, non ha affatto ritenuto che la vigente normativa (rectius il “frastagliato quadro che emerge” all’esito di un incerto percorso normativo: punto 3.2 della pronuncia) consenta di perseguire in sede contabile il danno all’immagine solo a fronte di reati “contro la p.a.”, 

Ritiene in conclusione questa Sezione, in consapevole dissenso con la avversa giurisprudenza sopra richiamata, che, come l’illuminante faro della Consulta suggerisce quale possibile, seppur non vincolante, lettura all’esegeta remittente, l’abrogazione dell’art. 7 della legge n. 97 del 2001 (che si riferiva ai soli delitti dei pubblici ufficiali contro la PA) lascia privo di effetto il rinvio ad esso operato da parte dell’art. 17, co. 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009: trattandosi, come detto, di rinvio mobile, abrogato l’art.7, n.97, il richiamo ad esso operato, e i connessi limiti al novero dei reati suscettibili di danno all’immagine, è venuto meno, con riespansione della giurisdizione contabile a perseguire qualsiasi reato (anche comune, direttamente o indirettamente dannoso) foriero di lesione alla reputazione della p.a.

Tra l’altro, questa lettura è anche costituzionalmente orientata in punto di ragionevolezza, in quanto, ove si ritesse la giurisdizione contabile sul danno all’immagine patito dalla p.a. limitata alle sole ipotesi di condotte da reato contro la p.a., ciò porrebbe una irragionevole discrasia, costituzionalmente illegittima, con la piena perseguibilità risarcitoria del danno all’immagine patito dalla p.a. innanzi all’a.g.o., che può invece ben vagliare in sede civile, senza i limiti normativi dell’art. 17, co. 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009, qualsiasi forma di lesione reputazionale subìta dalla p.a., giungendo a condanna degli autori (come statuito da prevalente giurisprudenza: v. Cass., sez.pen., 29.8.2013 n.35729; id., sez.II pen., 13.6.2017 n.29480; id., sez.II, 20.6.2018 n. 41012; mentre secondo Cass., sez.II, 11.12.2020 n.35477 e id., sez.II, 12.3.2014 n. 14605 opererebbero i limiti dell’art.17, co.30-ter cit. anche per l’a.g.o.).

Pare evidente che tale macroscopica irragionevolezza, derivante dalla cabalistica evenienza del giudice attivatosi (officiosamente la Corte dei conti, ma con limiti normativi qui non condivisi; su citazione di parte il giudice civile, ma senza i detti limiti normativi) per perseguire il danno all’immagine della p.a., sia superabile con una interpretazione logico-sistematica tesa a garantire, quale che sia il giudice del danno alla p.a. (in attesa di un auspicabile superamento, ancor più a monte, del c.d. “doppio binario” CdC-ago, ad opera della Consulta e/o delle sezioni unite della Cassazione), un unitario trattamento normativo fondato su una ragionevole ed unitaria interpretazione, costituzionalmente orientata, delle norme, innegabilmente poco chiare, come riconosciuto anche da C.cost. n.191 del 2019 cit.

Sussiste anche, nel caso in esame, il giudicato penale di condanna, oggi ancora indefettibile ex art.17, co.30-ter, d.l. n.78 cit. per promuovere la sola (irragionevolmente) azione per danno all’immagine (C. conti, sez. Piemonte, 28 luglio 2021, n. 228; id., sez.I app., 15 luglio 2021, n. 262; id., sez.Lombardia, 21 aprile 2016, n. 79).

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