Corte di Cassazione, sentenza n. 13066 del 26 aprile 2022
La Corte d’Appello di Firenze, adita dall’Azienda Unità Sanitaria Locale, ha accolto il solo motivo di appello inerente la quantificazione del risarcimento del danno, limitato a quindici mensilità in luogo delle venti liquidate dal Tribunale di Grosseto, ed ha confermato per il resto la sentenza impugnata, che aveva ritenuto abusiva la reiterazione del contratto a termine stipulato ai sensi dell’art. 15- septies, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992 con la dott. X, la quale dal 30 luglio 2002 al 31 luglio 2012, aveva ricoperto l’incarico di dirigente farmacista, conferito inizialmente per un biennio e poi prorogato.
Esclusa la possibilità di conversione del rapporto, la Corte territoriale ha ritenuto che il rispetto della direttiva 1999/70/CE imponesse di riconoscere il diritto al risarcimento del danno ed ha ravvisato nell’indennità prevista dall’art. 18, comma 3, della legge n. 300/1970 (Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo), una sanzione adeguata per reprimere e prevenire l’abuso.
La sentenza impugnata contrasta con il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, ed ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale « in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.» ( Cass. S.U. n. 5072/2016).