E’ confermato: la stabilità del rapporto di lavoro nel privato non esiste più, per cui la prescrizione dei crediti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro

Corte di Cassazione, sentenza n. 30957 del 20 ottobre 2022

Come affermato da questa Corte con la sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022, decisa nella medesima camera di consiglio della presente controversia, la questione, che è devoluta per la prima volta a questa Corte, è ben riassunta nell’affermazione della società ricorrente che ritiene che permanga (tuttora) la garanzia, nel rapporto di lavoro degli occupati in imprese aventi i requisiti dimensionali stabiliti dall’art.18 I. 300/1970, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1 comma 42 della legge 92/2012 e dagli artt. 3 e 4 del decreto legislativo n. 23/2015, di quel regime di stabilità in presenza del quale l’art. 2948, n. 4 c.c., cosi come risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 63 del 1966 e delle successive (in particolare: Corte Cost. 143 del 1969; n. 86 del 1971 e n. 174 del 1972), sicché sarebbe consentito il decorso della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro.

Sicché, deve essere ribadito che la prescrizione decorre, in corso di rapporto, esclusivamente quando la reintegrazione, non soltanto sia, ma appaia la sanzione “contro ogni illegittima risoluzione” nel corso dello svolgimento in fatto del rapporto stesso: così come accade per i lavoratori pubblici e come era nel vigore del testo dell’art. 18, anteriore alla legge n. 92 del 2012, per quei lavoratori cui la norma si applicava. A questa oggettiva precognizione si collega l’assenza di metus del lavoratore per la sorte del rapporto di lavoro ove egli intenda far valere un proprio credito, nel corso di esso: caratterizzato dal regime di stabilità comportato da quella resistenza che assiste, appunto, il rapporto d’impiego pubblico.
Non costituisce, infatti, garanzia sufficiente, il mantenimento della tutela reintegratoria, tanto con la legge n. 92 del 2012 (art. 18, primo comma), tanto con il d.lgs. n. 23 del 2015 (art. 2, primo comma), per il licenziamento ritorsivo, sul presupposto di un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c. (non necessario per il licenziamento discriminatorio: Cass. 5 aprile 2016, n. 6575; Cass. 7 novembre 2018, n. 28453).

Dalle superiori argomentazioni discende il rigetto del ricorso e l’affermazione del seguente principio di diritto: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo n. 23 del 2015,
mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del
2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.

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