Non viola il dovere di esclusività del militare il rapporto di lavoro come medico convenzionato dell’ASL

Consiglio di Stato, sentenza n. 3536 del 5 aprile 2023

Il Ministero della difesa ha impugnato la sentenza di primo grado, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dalla un ufficiale medico dell’esercito con il grado di tenente colonnello specializzata in ostetricia e ginecologia, ed annullato il decreto direttoriale che ne aveva dichiarato la decadenza dal rapporto di impiego per incompatibilità, ai sensi dell’art. 898, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare)

L’incompatibilità era stata ricondotta dall’Amministrazione all’accertata stipula di una convenzione con l’Azienda U.S.L., che trasformava in a tempo indeterminato un precedente impegno a tempo determinato, nel limite di 15 ore ambulatoriali settimanali da svolgere presso la zona …, cui si aggiungevano ulteriori 4 ore quindicinali presso il consultorio …

Il Collegio, ritenuto infondato l’appello del Ministero, ha ricordato che il d.lgs. n. 66 del 2010 ha disciplinato autonomamente il profilo dell’esclusività dell’impiego militare, sancendo all’art. 894, comma 1, l’incompatibilità della professione di militare con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da legislazioni speciali. Tra le disposizioni speciali derogatorie si inserisce proprio l’art. 210 del medesimo codice che, nella versione conseguita al superamento di stesure intermedie, autorizza in via generale l’esercizio dell’attività libero professionale del medico militare.

La ragione della deroga all’obbligo di esclusività dell’impiego prevista a favore dei medici militari viene ancora oggi identificata, analogamente al passato, in esigenze di interesse generale, sia della collettività civile che dell’amministrazione militare: esigenze che il medico militare è in grado di soddisfare per la peculiarità della sua figura, nella quale devono convergere doti professionali specialistiche e le più spiccate virtù militari (art 209 C.o.m.); è stato sottolineato che «Questa duplice dimensione (medica e militare) ha sempre rappresentato e continua a rappresentare, quindi, l’essenza e il fondamento della deroga alla regola dell’incompatibilità a favore degli ufficiali medici al fine di consentire l’osmosi tra esperienza nel contesto civile e professionalità nel settore militare» (Cons. Stato, sez. II, ordinanza del 10 febbraio 2022, n. 969, che ha rimesso alla Corte costituzionale la norma del C.o.m., laddove non contempla fra i professionisti legittimati ad attività extraistituzionale, nella quale ricomprende de plano anche quella convenzionata, gli psicologi).

Secondo l’Amministrazione appellante l’attività convenzionata non sarebbe parificabile a quella libero-professionale per i connotati di dipendenza che la contraddistinguono: da qui la ritenuta esclusione dal perimetro di operatività del regime derogatorio di cui all’art. 210 del C.o.m.

Tale assunto non è condivisibile, ponendosi in contrasto con la stessa evoluzione storica del quadro ordinamentale appena ricostruito.

Il rapporto tra sanitario convenzionato esterno ed Unità sanitaria locale, è disciplinato dall’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992 e dagli accordi collettivi nazionali siglati ed approvati in attuazione di tale norma.

E’ stato rilevato che detti rapporti, pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del Servizio sanitario nazionale, ovvero per la tutela della salute pubblica, corrispondono a rapporti libero-professionali, seppure qualificandoli come “parasubordinati”. Essi cioè si svolgono di norma su un piano di parità, non esercitando l’ente pubblico nei confronti del medico convenzionato alcun potere autoritativo, all’infuori di quello di sorveglianza, «né potendo incidere unilateralmente, limitandole o degradandole a interessi legittimi, sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1736).

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