La sentenza di patteggiamento non preclude alla Corte dei Conti la valutazione del materiale probatorio delle indagini preliminari (anche dopo la riforma “Cartabia”)

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Piemonte, sentenza n. 57 del 5 maggio 2023

Secondo la difesa del convenuto tale pronuncia non sarebbe invocabile nel presente giudizio, e ciò in virtù della nuova formulazione dell’articolo 445, comma 1 bis, c.p.p., a mente del quale “La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile.

Inoltre, secondo la difesa, stante il difetto di contraddittorio nell’acquisizione, neppure sarebbe utilizzabile il materiale probatorio acquisito dalla PG nella fase delle indagini preliminari: diversamente opinando, assume la difesa, verrebbe aggirato il limite all’efficacia introdotto con il sopra riportato comma 1-bis.

Anche questa prospettazione non può essere accolta.

Se è vero che la novella legislativa, specie attraverso l’eliminazione del riferimento all’art. 653 c.p.p., è diretta a limitare gli effetti extra-penali della sentenza di applicazione della pena su richiesta e, in particolare, la rilevanza probatoria del fatto storico in esso delineato, cionondimeno resta pienamente valutabile il materiale probatorio acquisito nelle indagini preliminari e posto a fondamento della non assoluzione dell’imputato (valutazione che, com’è noto, è prodromica alla pronuncia di una sentenza ex art. 444 c.p.p.).

Il nuovo art. 445 c.p.p., pertanto, si pone nel solco della consolidata giurisprudenza contabile, laddove afferma che la sentenza di patteggiamento, pur non potendosi tecnicamente configurare come una pronuncia di condanna, non preclude al giudice di merito di procedere ad un autonomo accertamento dei fatti su cui si fonda l’imputazione per responsabilità erariale.

Infatti, anche prima della novella, “la natura di piena prova della pronuncia di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. è stata sovente esclusa da questa Corte, che ha costantemente ribadito l’autonomia del giudice erariale nell’apprezzamento dei fatti, ai fini dell’accertamento della responsabilità (C. conti, Sez. I app., sent. n. 25 del 23 gennaio 2023; vedi anche Sez. Lombardia 6 febbraio 2023, n. 20).

Nessuna discussione può sorgere, da ultimo, quanto all’utilizzabilità del materiale probatorio acquisito in sede penale, essendo la paventata lesione del contraddittorio del tutto inconferente: il materiale prodotto dalla Procura, infatti, può essere liberamente apprezzato dal giudicante in questa sede, dove il contraddittorio ed ogni altro diritto di difesa vengono garantiti al convenuto nel modo più pieno.

D’altra parte, l’articolo 445, comma 1-bis, c.p.p. parla esclusivamente dell’efficacia della sentenza ex art. 444 c.p.p., senza che da tale norma possa desumersi un effetto estensivo nei confronti del materiale probatorio versato nel procedimento penale. Al fine di incentivare il ricorso allo strumento deflattivo, infatti, il legislatore ha inteso ridurre l’efficacia extra-penale della sentenza di patteggiamento senza, tuttavia, che tale scelta possa estendersi fino all’irrilevanza del materiale probatorio raccolto: un conto, infatti, è negare che la sentenza ex art. 444 c.p.p. possa costituire, essa stessa, accertamento probatorio in altro giudizio; ben altro sarebbe impedire ad un altro giudicante un’autonoma valutazione del materiale probatorio acquisito nelle indagini preliminari, specie quando questa valutazione ha finalità e parametri completamente differenti, con esclusione della violazione del principio del ne bis in idem.

L’eccezione sollevata dalla parte convenuta, pertanto, alla luce della richiamata novella legislativa, non è in alcun modo sostenibile.

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