In mancanza del provvedimento regionale di accreditamento del privato, questi non può vantare nessun diritto di credito verso l’ASL

Corte di Cassazione, ordinanza n. 10154 del 17 aprile 2023 

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, invero, nell’ambito del servizio sanitario nazionale, il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime dell’accreditamento – previsto dall’art. 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e poi integrato dall’art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – non ha modificato la natura del rapporto esistente tra l’Amministrazione e le strutture private, che rimane di natura sostanzialmente concessorio. 

Ne consegue che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali (cfr. Cass. 1740/2011, citata anche dalla ricorrente, che non richiama correttamente i principi ivi affermati; Cass. 17711/2014; Cass. 23657/2015; Cass.S.U. 16336/2019; Cass. 7019/2020). 

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato in fatto che la medesima società X non aveva fornito la prova dell’accreditamento, «neanche a titolo provvisorio», in capo alla clinica, cedente del credito azionato con provvedimento monitorio dall’odierna ricorrente; il che già comporta l’esclusione di qualsiasi onere finanziario a carico dell’amministrazione per le prestazioni erogate dalla struttura sanitaria in questione. 

La Corte di merito ha, altresì, accertato che non era stato sottoscritto alcun contratto con la Regione, ai sensi dell’art. 8 quinquies d.lgs. n. 502/1992, essendo il contratto in data 9 ottobre 2001 ‒ peraltro neppure trascritto, nelle sue parti fondamentali, nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza ‒ non idoneo a coprire le prestazioni erogate per l’anno 2005 (oggetto dell’ingiunzione per cui è causa), in quanto contratto di durata annuale non prorogabile tacitamente, ai sensi dell’art. 6 l. 537/1993. 

Non giova alla ricorrente eccepire che siffatta previsione normativa riguarderebbe i soli contratti di fornitura, essendo, per contro, tale divieto connaturato ‒ più in generale ‒ al sistema che prevede la forma scritta “ad substantiam” dei contratti della P.A., la cui volontà non può desumersi per implicito da singoli atti, dovendosi manifestare necessariamente nelle forme rigide previste dalla legge (Cass. 29988/2018). Ed, in tale prospettiva, si è affermato che devesi, in ogni caso, escludere, ai sensi dell’art. 8 quinquies del citato d.lgs. n. 502 del 1992, che possano validamente concludersi accordi contrattuali per “facta concludentia”, atteso che, in base al disposto degli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, tutti i contratti con la P.A. devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta (Cass. 7019/2020)

Vedi anche Cass. n. 1740/2011

Vedi anche: https://iusmanagement.org/2023/01/12/in-mancanza-di-accreditamento-non-ha-nessuna-rilevanza-la-convenzione-diretta-stipulata-con-lasl/

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