I giudici nazionali devono disapplicare le norme sulla prescrizione dei reati, se queste ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea

Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Grande Sezione), sentenza del 24 luglio 2023, nella causa C-107/23


Dalla motivazione dell’ordinanza di rinvio emerge che i dubbi del giudice del rinvio all’origine di tali questioni riguardano, in sostanza, l’interpretazione, da un lato, delle disposizioni del diritto dell’Unione che impongono agli Stati membri di contrastare efficacemente gli illeciti in danno degli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro, delle garanzie derivanti dal principio di legalità dei reati e delle pene.
Ciò premesso, la prima e la seconda questione devono essere esaminate solo alla luce dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta e dell’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF.


Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se tali disposizioni debbano essere interpretate nel senso che i giudici di uno Stato membro sono tenuti a disapplicare, da un lato, le sentenze della Corte costituzionale di tale Stato membro che invalidano la norma nazionale che disciplina i motivi di interruzione della prescrizione in materia penale, per violazione del principio di legalità dei reati e delle pene, nei suoi requisiti relativi alla prevedibilità e alla precisione della norma penale, nonché, dall’altro, una sentenza della suprema corte del suddetto Stato membro, dal quale risulta che le norme che disciplinano tali cause di interruzione, quali risultano da tale giurisprudenza costituzionale, può essere applicata retroattivamente come legge penale più favorevole (lex mitior) per impugnare le condanne definitive, fermo restando che tali sentenze hanno come conseguenza l’archiviazione di un numero considerevole di procedimenti penali, compresi i casi relativi a reati di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, a causa della limitazione della responsabilità penale.

Nella misura in cui risulta dall’ordinanza di rinvio che la controversia principale riguarda, in particolare, fatti che costituiscono frode grave in materia di IVA, occorre ricordare che spetta agli Stati membri adottare le misure necessarie per garantire il prelievo effettivo e integrale delle risorse proprie dell’Unione, quali quelle che costituiscono il gettito derivante dall’applicazione di un’aliquota uniforme alla base IVA armonizzata (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑ 379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 182 e giurisprudenza ivi citata ) .
Ciò premesso, l’irrogazione di sanzioni penali al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea, e in particolare la corretta riscossione di tali entrate, rientra in una competenza ripartita tra l’Unione europea e gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2017, MAS e MB, C-42/17, EU:C:2017:936, punto 43 ) .


Nel caso di specie, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, il regime di prescrizione applicabile ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea non era stato armonizzato dal legislatore dell’Unione europea, il che è avvenuto solo successivamente, in parte, mediante l’adozione della direttiva PIF (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2017, MAS e MB, C-42/17, EU:C:2017 :936, punto 44), la quale, come già rilevato al punto 64 della presente sentenza, non è applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale .

A tal proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE impone agli Stati membri di combattere la frode e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione mediante misure dissuasive ed efficaci (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C-357/19, C-379/19, C-547/19, C-811/19 e C-840/ 19, EU:C:2021:1034, punto 181 e giurisprudenza ivi citata ) .
In secondo luogo, l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché i comportamenti che costituiscono frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea, compresa la frode in materia di IVA, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, comprese, almeno nei casi di frode grave, vale a dire quelle relative a un importo minimo che gli Stati membri non possono fissare a più di EUR 50 000, sanzioni privative della libertà personale (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2018 , Scialdone, C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 36 e giurisprudenza ivi citata ) .

Risulta da costante giurisprudenza che il principio del primato del diritto dell’Unione impone al giudice nazionale competente per l’applicazione, nell’ambito della sua giurisdizione, delle disposizioni del diritto dell’Unione, l’obbligo, qualora non sia in grado di interpretare la normativa nazionale in conformità con le prescrizioni del diritto dell’Unione, di garantire la piena efficacia delle prescrizioni di tale diritto nella controversia di cui è investito, disapplicando, se del caso, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche successiva, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione, per la previa eliminazione di tale norma o prassi nazionale per via legislativa o con qualsiasi altro procedimento costituzionale [sentenze del 9 marzo 1978,Simmenthal , 106/77, EU:C:1978:49, punto 24; del 24 giugno 2019, Popławski , C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 61 e 62, e del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle sentenze di una corte costituzionale) , C‑ 430 /21, EU:C:2022:99, punto 53].
Nel caso di specie, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione PIF sono formulati in termini chiari e precisi e non sono accompagnati da alcuna condizione, sicché hanno effetto diretto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C-357/19, C-379/19, C-547/19, C-811/19 e C-840/19 , EU:C:2021:1034, punto 253 e giurisprudenza ivi citata ) .


Pertanto, spetta in linea di principio ai giudici nazionali dare piena efficacia agli obblighi derivanti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF e disapplicare le disposizioni interne che, nell’ambito di procedimenti in materia di frode grave che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea, ostano all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive per combattere tali violazioni (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C-357 /19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 194 e giurisprudenza ivi citata ) .
Risulta quindi che, in linea di principio, i giudici nazionali sono tenuti, conformemente all’articolo 325, paragrafo 1, e all’articolo 2, paragrafo 1, a disapplicare la sentenza della Corte Costituzionale Rumena n . 71/2022, riguardante il fatto che il diritto rumeno non prevedeva alcuna causa di interruzione della prescrizione della responsabilità penale, in quanto tali sentenze hanno l’effetto di portare alla limitazione della responsabilità penale in un gran numero di casi di frode grave che lede gli interessi finanziari dell’Unione e, quindi, di creare un rischio sistemico di impunità per tali reati.


Tuttavia, occorre ancora verificare se l’obbligo di disapplicare siffatte sentenze sia in contrasto, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, con la tutela dei diritti fondamentali.
Nel caso di specie, secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, le sentenze n. 297/2018 e 358/2022 della Corte costituzionale, nonché la sentenza n. 67/2022 della înalta Curte de Casație și Justiție (High Court of Cassation and Justice) si basano sulla premessa che, in diritto rumeno, le regole relative all’interruzione del periodo di limitazione della leggi criminali non rientrano in una legge criminale. Tali principi devono pertanto essere considerati come norme nazionali per la tutela dei diritti fondamentali, ai sensi del punto precedente.
Risulta da quanto esposto ai punti 108 e 109 della presente sentenza che tali norme nazionali di tutela dei diritti fondamentali non sono idonee, in casi come quelli di cui al procedimento principale, a compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretato dalla Corte.
A tal riguardo, occorre ricordare l’importanza, tanto nell’ordinamento giuridico dell’Unione quanto negli ordinamenti giuridici nazionali, del principio di legalità dei reati e delle pene, nelle sue esigenze relative alla prevedibilità, precisione e irretroattività del diritto penale applicabile (sentenza del 5 dicembre 2017, MAS e MB, C-42/17, EU:C:2017:936, punto 51 ) .
Tali requisiti di prevedibilità, precisione e irretroattività del diritto penale costituiscono una particolare espressione del principio di certezza del diritto. Questo principio fondamentale del diritto dell’Unione richiede, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per le parti in causa, in particolare quando possono avere conseguenze negative. Tale principio costituisce un elemento essenziale dello Stato di diritto, individuato nell’articolo 2 TUE sia come valore fondante dell’Unione sia come valore comune agli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 2017, Rosneft, C-72/15, EU:C:2017:236, punti 161 e 162, e del 16 febbraio 2022 ,Ungheria/Parlamento e Consiglio , C‑156/21, EU:C:2022:97, punti 136 e 223).


Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) statuisce:
1) Articolo 325, paragrafo 1, TFUE e articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione redatta in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 e allegata all’atto del Consiglio del 26 luglio 1995, deve essere interpretato che:
i giudici di uno Stato membro non sono tenuti a disapplicare le sentenze della Corte costituzionale di tale Stato membro che invalidano la disposizione legislativa nazionale che disciplina le cause di interruzione della prescrizione in materia penale, per violazione del principio di legalità dei reati e delle sanzioni tutelato dall’ordinamento nazionale, nelle sue esigenze relative alla prevedibilità e alla precisione del diritto penale, anche se tali sentenze avranno come conseguenza l’archiviazione di un numero considerevole di cause penali, comprese quelle relative ai reati di frode grave che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea per la prescrizione della responsabilità penale.

Per contro, le predette disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate nel senso che:
i giudici di tale Stato membro sono tenuti a lasciare inapplicata una norma nazionale di tutela relativa al principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole (lex mitior) che consente di contestare, anche nell’ambito dei ricorsi avverso sentenze definitive, l’interruzione della prescrizione della responsabilità penale in tali fattispecie per atti processuali anteriori a tale constatazione di nullità.
2) Il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato come:
essa osta ad una normativa o prassi nazionale in virtù della quale i giudici nazionali di diritto comune di uno Stato membro sono vincolati dalle decisioni della Corte costituzionale nonché da quelle della suprema corte di tale Stato membro e non può, per tale ragione e a rischio dell’assunzione della responsabilità disciplinare dei giudici interessati, disapplicare automaticamente la giurisprudenza risultante da tali decisioni, anche qualora ritengano, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria alle disposizioni di diritto dell’Unione aventi efficacia diretta.

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