Scuole professionali e danno erariale da attività in conto terzi, tetto alle retribuzioni e criteri di distribuzione degli utili

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n 269 dell’8 agosto 2023

La scuola Z è istituto tecnico istituito nel 1895 e sin da allora dotato di laboratorio di analisi per attività didattica, utilizzabile anche per attività in conto terzi, da svolgersi dai docenti secondo quanto previsto dallo Statuto fondativo e dal Regolamento interno, dalla legge n. 59/1997 e dal d.P.R. n. 275/1999, fino alla legge n. 107/2005 su “La buona scuola”.

In particolare, il laboratorio ha potuto ampliare la propria attività ricevendo commesse importanti e realizzando un fatturato sempre crescente, tanto da passare, nel periodo 2011 – 2018 da poco meno di 1 milione di euro a oltre 6 milioni di euro di fatturato annuo.

Due delibere del Consiglio d’Istituto avevano definito i criteri di riparto delle entrate da attività in conto terzi e disponevano, a favore degli operatori che prestavano attività nel laboratorio, la quota complessiva del 45% del fatturato incassato e, a favore della Scuola, la quota del 55%, con conteggio e liquidazione sull’incassato su base mensile.
Di questo 45%, al dirigente scolastico spettava il 3,42% del fatturato mensile lordo incassato, il 10,08%, sempre sulla medesima base mensile, era assegnato al personale ausiliario, tecnico e amministrativo (ivi compresa la DSGA della scuola, per la tenuta della contabilità del conto terzi), il restante 31,50% era destinato, sempre su base mensile, al restante personale tecnico (docenti); la ripartizione individuale era rimessa al dirigente, in funzione del tipo di responsabilità e del carico di lavoro.

In merito alla normativa vigente, giova ricordare che quanto alla quantificazione degli emolumenti spettanti ai dipendenti scolastici coinvolti nel conto terzi, detto profilo è stato rimesso, nel tempo, a mere istruzioni emanate dall’allora “Ministero della Pubblica istruzione”, a mezzo di circolari che si sono succedute nel tempo, fino alla più recente circolare P.I. – Direzione generale per l’Istruzione Tecnica – Div. IV – Direzione generale per l’Istruzione Professionale, n. 780 del 25 febbraio 1998, intitolata a “Istituti tecnici e professionali – aziende agrarie, aziende speciali, lavorazioni per conto terzi – Obblighi contabili fiscali – D.P.R. 29.9.1973, n. 600, D.P.R. 23.12.1974, n. 687, D.P.R. n. 26.10.1972, n. 633 e successive integrazioni”.

In particolare, la circolare dispone in linea generale che la retribuzione complessiva di tale personale sia conteggiata in quota percentuale del 40% dei proventi dell’attività in conto terzi, una volta, cioè, sottratti, dai ricavi netti totali (detratti IVA, IRES e altre imposte), il costo delle materie prime utilizzate e dei beni di consumo e la quota di ammortamento delle attrezzature da corrispondere alla scuola, nonché, se presente, il costo di personale eventualmente impiegato a tempo pieno nell’attività di laboratorio, o di gestione dei terreni o dei convitti, con contratto di collaborazione (cfr. sul punto, TAR Piemonte, sent. n. 3238/2009), mentre il restante 60% deve essere riversato al bilancio della scuola (art. 10 della circ. n. 780/78).
Pertanto, i vizi di legittimità rivenienti:
– dal difetto di motivazione in ordine alla decisione di assegnazione al personale scolastico di una quota diversa rispetto a quella indicata in circolare, 45% del fatturato netto invece che 40% degli utili;
– dalla violazione delle disposizioni normative primarie che sanciscono il fine principalmente didattico degli strumenti a disposizione della scuola (quali sono i laboratori), sovvertendolo in fine di lucro a mezzo della mancata applicazione del criterio della proporzionalità inversa per cui, all’aumentare degli utili deve diminuire la quota spettante ai dipendenti scolastici incaricati del conto terzi.
Neppure può ritenersi fondata l’eccezione di insussistenza di alcun danno erariale, sollevata in relazione alla natura privatistica della fonte di entrata delle somme rivenienti dall’attività in conto terzi.
La diversità delle fonti di finanziamento in alcun modo impinge sulla natura delle retribuzioni corrisposte a dipendenti pubblici, anche nel caso in cui una quota di questa sia posta a valere sui proventi dell’attività extracurriculare dalla quale il finanziamento proprio trovi origine. Infatti, tali retribuzioni sono comunque pagate al personale a valere su entrate della scuola, che emette a nome proprio regolari fatture per i lavori realizzati dal laboratorio di cui è dotata.

Da ciò discende, in logica coerenza, che deve essere disattesa anche l’eccezione dei convenuti di non applicabilità alle medesime della disciplina del tetto di spesa del personale pubblico dipendente di cui agli artt. 23-ter, commi 1 e 2 del d.l. n. 201/2011 nonché 1, commi 471 e 472 della legge n. 147/2013. Questi argomentano in tal senso sulla base del fine delle disposizioni, di contenimento della spesa pubblica, per dedurne l’esclusione dal loro ambito di applicazione delle entrate da conto terzi che, come visto, intenderebbero qualificare quali entrate da attività di diritto privato.

Come nella presente vicenda, anche nel caso delle propine spettanti agli Avvocati dello Stato, le somme, di carattere retributivo, in quanto parametrate anche in base al rendimento e alla puntualità negli adempimenti processuali dei percettori, sono accertate in entrata in un bilancio pubblico (bilancio dello Stato), e per questo, secondo la Corte costituzionale, ciò comporta “che debbano essere considerate risorse pubbliche e che, una volta erogate, integrino una spesa a carico delle finanze pubbliche”, con conseguente piena e legittima assoggettabilità alla disciplina in tema di tetti di spesa introdotta dal legislatore del 2011 nell’ambito delle misure di contenimento della finanza pubblica all’epoca introdotte (Corte cost. sent. n. 128 del 26 maggio 2022).

Ai fini della corretta quantificazione del danno, tenuto conto che la circolare n. 780/1998 prevede la determinazione delle quote di riparto con riferimento all’utile conseguito, e non al fatturato pagato (come avvenuto, invece, per la scuola Z), occorre procedere come segue:


1) prendere le mosse dal dato dell’utile ricavabile dal bilancio del conto terzi, presente agli atti di causa, invece che da quello del fatturato incassato;


2) quantificarne il 40% ( e non già il 45% scelto dal Consiglio d’Istituto scolastico negli anni di interesse), calcolandone l’esatto importo sull’utile considerato anno per anno, e individuarne l’eccedenza complessivamente assegnata al personale come prima quota di danno;


3) applicare a tali somme per ciascun dipendente la percentuale inversa all’aumentare del fatturato indicata dalla circolare n. 780/1998, con riduzione dell’importo spettante secondo la tavola ivi recata. A tal riguardo, si deve tener conto che: (i) la tavola prevede che, al superamento del “fatturato al netto delle spese” (si intenda “utili”), di £ 200.000.000 (circa € 100.000,00), si applichi a ciascun dipendente una percentuale sugli utili dello 0,25%, e che (ii) tale importo è stato sempre superato negli anni di riferimento;


4) conseguentemente, applicare a ciascun dipendente la percentuale dello 0,25% del 40% degli utili per anno e, su tale base temporale, calcolare la differenza tra quanto erogato e quanto spettante ai dipendenti complessivamente considerati come seconda quota di danno;


5) individuare i casi (eventuali) in cui l’importo spettante per il conto terzi, sommato allo stipendio ordinario, determini il superamento del tetto massimo di € 240.000,00, e quello del 25% dello stipendio ordinario e, se ricorrenti, sommare l’eccedenza all’importo di danno conteggiato, quale terza quota di danno.

Conclusivamente, agli effetti della cosiddetta “imputazione virtuale” di cui di cui all’art. 83 C.G.C. – impregiudicato l’eventuale effettivo accertamento delle concrete responsabilità amministrative ad essa riferibili in eventuale diverso giudizio, non risultando tutti i soggetti appresso specificati convenuti in quello che ne occupa – il Collegio ritiene di poter quantificare, in parte “virtualmente”, la misura dell’apporto, nella fattispecie concreta, alla produzione del danno risarcibile, pari a € 4.125.731,654, nelle seguenti quote di danno:
una prima quota, del 40%, pari ad € 1.650.292,66, da imputarsi al dirigente scolastico, prof. X, nella sua qualità di Dirigente scolastico, membro di diritto del Consiglio d’istituto in tutte le tre riunioni in cui, dal 2013 al 2018, si sono assunte deliberazioni in tema di riparto del conto terzi della scuola, a titolo di colpa grave e quindi a titolo di responsabilità di natura sussidiaria, per esercizio della potestà decisionale in tema di riparto degli utili da attività in conto terzi della scuola Z dedotta in atti;
una seconda quota, del 20%, pari ad € 825.146,33, da imputarsi, sia pure in via virtuale, non essendo stati citati in giudizio, ai restanti componenti del Consiglio d’Istituto presenti nelle tre riunioni suddette in parte uguale pro-quota, anche per questi a titolo di colpa grave a titolo di responsabilità di natura sussidiaria;
una terza quota, del restante 40%, pari ad € 1.650.292,66, anche questa da imputarsi in via virtuale, essendo stati destinatari di invito a dedurre, ma con esito di archiviazione, ai revisori dei conti della scuola in servizio nel periodo di riferimento (con esclusione della componente che non ha mai preso servizio per motivi di salute), per violazione degli obblighi di vigilanza sulla regolarità amministrativo contabile della scuola e omesso controllo sulla contabilità separata del conto terzi, ritenuta esclusa dai compiti dell’organo, anche in questo caso per colpa grave a titolo di responsabilità di natura sussidiaria.

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