La falsa dichiarazione per il reddito di cittadinanza costituisce reato solo se funzionale ad ottenere un beneficio non spettante

Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 49686 dep 13 dicembre 2023

La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente: “Se le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’auto dichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito di cittadinanza integrino il delitto di cui all’art. 7 del d. I. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in I. 28 marzo 2019, n. 26, indipendentemente dal!’effettiva sussistenza o meno delle condizioni patrimoniali stabilite per l’ammissione al beneficio“. 

In particolare nelle pronunce delle Suprema Corte vi sono due orientamenti: il primo orientamento ricostruisce la fattispecie di cui all’art. 7, cit., come reato di pericolo astratto e la riconduce ad una species del genus del reato di falso; il secondo orientamento, che fa leva sul dolo specifico, allinea la fattispecie a quella dei reati di pericolo concreto in quanto richiede, quale ulteriore elemento per il suo perfezionamento, l’indebito arricchimento dell’agente. 

Le Sezioni Unite aderiscono al secondo orientamento. L’argomento utilizzato dal primo orientamento per sostenere l’irrilevanza della sussistenza dei requisiti per ottenere il Rdc (e la conseguente superfluità del relativo accertamento) si fonda su un parallelismo (il confronto con l’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002) e su una individuazione del bene tutelato dalla norma incriminatrice (il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalle quali riceve un beneficio economico) niente affatto convincenti. L’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, sanziona con la reclusione da uno a cinque anni le falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dall’art. 79, comma 1, lett. b), c) e d).

Prevede inoltre che, se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio, la pena è aumentata. Sul piano strutturale, mentre il reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, richiede il dolo generico, quello di cui all’art. 7 dl. n. 4 del 2019, richiede il dolo specifico di ottenere indebitamente il Rdc, essendo irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, l’effettivo conseguimento del beneficio; l’ottenimento o il mantenimento del patrocinio a spese dello Stato, quale conseguenza delle falsità od omissioni aggravano invece il reato di cui all’art. 95 cit. 

Va peraltro rimarcato che la giurisprudenza più recente in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo penale tende a superare l’eccessivo rigore del principio affermato da Sez. U, Infanti, richiedendo, in caso di oggettiva sussistenza delle condizioni di ammissione al beneficio, che il dolo generico del reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, venga rigorosamente provato (Sez. 4, n. 35969 del 29/05/2019, Arlotta, Rv. 276862-01; Sez. 4, n. 4623 del 15/12/2017, dep. 2018, Rv. 271949-01; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, Bonofiglio, Rv. 27 1051- 01; Sez. 4, n. 21577 del 21/04/2016, Bevilac:qua, Rv. 267307-01). Le stesse Sezioni Unite, con sentenza n. 14723 del 19/12/2019, dep. 2020, Pacino, Rv. 278871-01, hanno successivamente affermato il principio di diritto secondo il quale la falsità o l’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art. 79, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 115 del 2002, non comporta, qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli artt. 95 e 112 d.P.R. n. 115 del 2002. 

In conclusione, la diversità strutturale dei due reati, quello di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 e quello di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019, nonché dei relativi contesti procedimentali, l’uno (quello finalizzato all’ammissione del patrocinio a spese dello Stato) informato alla massima speditezza, l’altro (quello finalizzato all’erogazione del Rdc) scandito da una sia pur minima istruttoria che, in ogni caso, non contempla l’intervento “sostitutivo” del richiedente il beneficio il quale non può autocertificare le informazioni mancanti o carenti; il fatto, inoltre, che oggetto della condotta decettiva tipizzata dall’art. 95 d.P.R. n. 115, cit., sono le informazioni ritenute necessarie per la ammissibilità della domanda, mentre oggetto della condotta sanzionata dall’art. 7, comma 1, dl. n. 4, cit., sono i dati essenziali alla erogazione stessa del beneficio, sono argomenti che ostano ad improbabili parallelismi essendo i termini di paragone indiscutibilmente eterogeni, tanto sotto il profilo strutturale, quanto sotto quello funzionale. 

In conclusione, deve essere affermato il seguente principio di diritto: «Le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’autodichiarazione finalizzata a conseguire il reddito di cittadinanza integrano il delitto di cui all’art. 7 dl, 28 gennaio 2014 n. 4, conv. in legge 28 marzo 2019 n. 26 solo se funzionali ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura superiore a quella di legge».

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