La minaccia del datore di denuncia ai carabinieri, non invalida le dimissioni del lavoratore, se il diritto è esercitabile e se il fine è previsto dall’ordinamento

Corte di Cassazione Civile, sez. L, sentenza n. 12215 del 14 giugno 2016

La minaccia di far valere un diritto, quale è teoricamente ravvisabile nella possibilità di denunciare alle competenti autorità fatti penalmente rilevanti, assume i caratteri della violenza morale, invalidante il consenso prestato per la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1438 c.c., soltanto se è diretta a conseguire un vantaggio ingiusto, situazione che si verifica quando il fine ultimo perseguito consista nella realizzazione di un risultato che, oltre ad essere abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l’esercizio del diritto medesimo, sia iniquo ed esorbiti dall’oggetto di quest’ultimo, e non quando il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei modi previsti dall’ordinamento. La prospettazione della denuncia ai carabinieri, nella specie , non si appalesava immotivata e strumentale ma , come riconosciuto dalla Corte di merito, avuto riguardo al comportamento posto in essere dal lavoratore, costituiva un diritto esercitabile da parte del datore di lavoro . Ciò è motivazione sufficiente ad escludere che la minaccia di denunciare il fatto ai carabinieri possa costituire esercizio di violenza psicologica volta a coartare ingiustamente la volontà del lavoratore al fine di conseguire vantaggi ingiusti- quale un licenziamento altrimenti non ottenibile .

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20160615/snciv@sL0@a2016@n12215@tS.clean.pdf

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