Non integra giusta causa di licenziamento la mera denuncia penale del lavoratore, a meno che non risulti la calunnia

Corte di Cassazione, sentenza n. 22375 del 26 settembre 2017

Al lavoratore, licenziato, era stato contestato di avere presentato una denuncia querela nei confronti del legale rappresentante della società datrice di lavoro, accusandolo di avere commesso in suo danno, i reati previsti dagli artt. 572, 582, 594, 56 e 610 e 612 c.p. e ciò nonostante le accuse non fossero veritiere.
La Corte ha stabilito che non integra giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento la condotta del lavoratore che denunci all’autorità giudiziaria competente fatti di reato commessi dal datore di lavoro, a meno che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o la consapevolezza della insussistenza dell’illecito, e sempre che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti. E’ di per sé sola irrilevante la circostanza che la denuncia si riveli infondata e che il procedimento penale venga definito con la archiviazione della “notitía criminis” o con la sentenza di assoluzione, trattandosi di circostanze non sufficienti a dimostrare il carattere calunnioso della denuncia stessa. A differenza delle ipotesi in cui è in discussione l’esercizio del diritto di critica, nelle ipotesi di denuncia e di querela non rilevano i limiti della continenza sostanziale e formale, superati i quali la condotta assume carattere diffamatorio.

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