Consiglio di Stato, sentenza n. 433 del 17 gennaio 2020
Il meccanismo di cui agli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, c.d. “legge sull’equo canone”, accorda al conduttore degli immobili adibiti a uso diverso da quello di abitazione una tutela privilegiata, a effetto legale, in termini di durata del rapporto locatizio (Cass., Sez. un., 16 maggio 2013, n. 11830); si tratta di una disciplina che trova pacificamente applicazione anche ai contratti di locazione di cui è parte la pubblica amministrazione, sia in qualità di proprietaria (Cass. Civ., III, 13 dicembre 2000, n. 15752), sia in veste di conduttore degli immobili destinati agli specifici usi di cui all’art. 42 della stessa legge n. 392 del 1978 (Cass. civ., III, 24 luglio 2007, n. 163219), come del resto si ricava dal testo dell’art 29, comma 1, lett. b, (secondo cui il diniego del locatore della rinnovazione del contratto alla prima scadenza può essere motivato “se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico” dall’esercizio “di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali” e dell’art. 42 (a mente del quale ai “contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori” si applica “il preavviso per il rilascio di cui all’articolo 28”).
E’ stato rilevato che il rinnovo tacito non richiede alcuna espressa previsione nel contratto originario, trattandosi non di una manifestazione tacita di volontà della pubblica amministrazione bensì, come detto, di un effetto derivante direttamente dalla legge (Cass. civ., III, 20 marzo 2017, n. 7040), così superandosi il problema relativo al fatto che la volontà dell’amministrazione pubblica deve sempre manifestarsi con la forma scritta .