La mancanza del parere dei revisori sull’accordo decentrato, ne comporta la nullità

Corte di Cassazione, sentenza n 5679 del 21 febbraio 2022

La compatibilità rispetto agli strumenti di programmazione finanziari e di spesa è regolata come condizione per la stipula della contrattazione decentrata (art. 40, co. 3, cit.) ed il controllo in proposito risale, per quanto interessa in questa sede, ai revisori dei conti (art. 48, co., 6, cit.) e deve essere preventivo (art. 5, co. 3, C.C.N.L. cit.). Tale impostazione normativa, riportando nell’insieme la compatibilità finanziaria ad un requisito di legittimazione della P.A. rispetto alla sottoscrizione del Contratto Integrativo impedisce di ritenere la mancanza della corrispondente verifica come mero vizio endoprocedimentale ed anzi comporta, ai sensi dell’art. 40, co. 3 ultimo inciso, l’invalidità per contrasto con centrali regole procedurali stabilite dal C.C.N.L., in una lettura congiunta delle disposizioni appena richiamate.

Sostanzialmente in questo senso, con riferimento ad altro comparto ma al medesimo assetto normativo e ad analoga previsione del C.C.N.L., per quanto in un caso in cui il parere vi era stato ed era stato negativo, questa S.C. si è peraltro già espressa (Cass. 7 novembre 2018, n. 28452).

Errato è altresì l’assunto della Corte di merito secondo cui, ad impedire la rilevanza del vizio, potrebbe stare la successiva delibera comunale di recepimento di quell’Accordo. Infatti, una tale delibera, se fondata su un Accordo Integrativo invalido, sarebbe a propria volta illegittima e dovrebbe essere disapplicata ed è altresì nota l’impossibilità per la P.A. di riconoscere trattamenti ai propri dipendenti, se non sulla base di (valide) previsioni della contrattazione collettiva (tra le molte, v. Cass. 4 maggio 2021, n. 11645; Cass. 15 giugno 2018, n. 15902).

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