Un medico risarcisce metà del danno all’Azienda, ma è condannato dalla Corte dei Conti a risarcire anche l’altra metà

Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 282 del 10 giugno 2022

Con atto del 22 gennaio 2021, il nominato in epigrafe ha promosso appello avverso la sentenza n. 291 del 13.11.2020 della Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, con cui è stato condannato, in qualità di dirigente medico presso l’Azienda USL, a rifondere l’erario per le lesioni prodotte a terzi nell’esercizio dell’attività sanitaria. Per tali fatti, in sede di giudizio civile, la stessa struttura era stata riconosciuta responsabile, in solido con il professionista, per le conseguenze derivanti al soggetto a causa della ritardata diagnosi di una patologia tumorale.

Dopo aver adempiuto alla quota di ristoro addebitatagli all’esito di detta vertenza, l’interessato è stato citato in giudizio dalla Procura erariale, a titolo di danno indiretto, a rifondere le pubbliche finanze per la parte di pregiudizio economico rimasta in capo all’Ente sanitario, pari a 35.865,17 euro, oltre alle spese di lite sostenute da quest’ultimo per la difesa dinanzi al Tribunale ordinario, pari a 13.931,43 euro.

Nel caso di specie, deve convenirsi con le prospettazioni della Procura generale che, richiamando recente giurisprudenza della Corte, ha colto il punto essenziale che connota la gravità della colpa in materia di errore sanitario, il cui scrutinio deve essere rapportato sia alla delicatezza del bene da tutelarsi, ovvero la salute, sia alle peculiarità delle leggi scientifiche che governano il settore.

Per questi aspetti, l’atteggiamento eminentemente omissivo, ascritto al convenuto, tenuto conto della sua affermata preparazione specialistica, anche in forza del ruolo ricoperto presso la struttura sanitaria, non può che costituire, con ragionevole sicurezza, secondo le conclusioni peritali, la fonte del danno derivato dalla ritardata rilevazione della malattia tumorale da cui era affetta la paziente.

Il nesso eziologico individuato dal consulente, attraverso l’indicazione dell’iter alternativo utile a evitare o attenuare il rischio, sulla base di una più tempestiva diagnosi, mediante un giudizio controfattuale, è stato correttamente recepito dal primo giudice, il quale ha ritenuto che l’evento dannoso avrebbe potuto essere evitato se il convenuto avesse agito con la dovuta diligenza, eseguendo gli accertamenti necessari a cogliere l’andamento anomalo della prima lesione, oltre che la presenza della seconda tumefazione, e non sottovalutando la persistenza dei sintomi lamentati dal soggetto.

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