È vietato anche nei piccoli Comuni il passaggio da consulente a dirigente


ANAC, Delibera numero 272 del 7 giugno 2022

È pervenuta all’Autorità una segnalazione relativa alla presunta inconferibilità, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 39/2013, dell’incarico di Responsabile del Settore tecnico del Comune di omissis , affidato ai sensi dell’art. 110, comma 2, del d.lgs. 267/2000, all’arch. omissis. In particolare è stato segnalato che nei due anni antecedenti all’assunzione del suddetto incarico di Responsabile, l’interessata avrebbe svolto diversi incarichi professionali a favore del Comune

Sulla base degli elementi raccolti, può affermarsi che l’attività svolta dall’arch. omissis abbia assunto rilievo come attività professionale non del tutto occasionale, con ciò integrando il requisito in provenienza richiesto dall’art. 4 d.lgs. n. 39/2013, ossia l’aver svolto in proprio attività professionale retribuita dall’amministrazione che conferisce l’incarico.


Tutto ciò premesso e considerato, sebbene questa Autorità riconosca le criticità di applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 39/2013 ai piccoli Comuni (cfr. delibera n. 676 del 06.10.2021), allo stato normativo attuale la lettera della norma, per la fattispecie in esame, non prevede limiti di applicazione legati alle dimensioni dell’ente e, pertanto, devono ritenersi integrati i presupposti applicativi dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. 39/2013 nel conferimento dell’incarico di Responsabile dell’Ufficio Tecnico presso il Comune di omissis.

Nel caso di accertamento di un’ipotesi di inconferibilità, si ricorda, trova applicazione quanto disposto dall’art. 17 del d.lgs. 39/2013 ossia che “Gli atti di conferimento degli incarichi adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli ”.

Vi è, dunque, da chiedersi se gli atti/provvedimenti adottati medio tempore dal soggetto in questione siano destinati ad essere anch’essi travolti da una qualche forma di inefficacia/illegittimità/nullità. Si evidenzia che, sebbene nel nostro ordinamento non abbia ancora trovato adeguata espressione legislativa, da tempo dottrina e giurisprudenza applicano la teoria del c.d. funzionario di fatto, riconoscendo la possibilità che l’attività posta in essere da un soggetto privo di valida legittimazione ad agire per conto della pubblica amministrazione, in ragione della mancanza del titolo o della sussistenza di un vizio che lo inficia, possa essere comunque riferita alla pubblica amministrazione stessa (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3812/2012; ma trattasi di orientamento anche risalente nel tempo: Cons. Stato, Sez. IV, 13 aprile 1949 n.145 e Cons. Stato, A.P., 22 maggio 1993 n. 6, Cons. Stato, Sez. IV, 20 maggio 1999, n. 853; oltre che riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale, sentenza n. 37/2015).

Inoltre, i commi 1 e 2 dell’art. 18 sanciscono rispettivamente che “I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati. Sono esenti da responsabilità i componenti che erano assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti” e che “I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza. Il relativo potere è esercitato, per i Ministeri dal Presidente del Consiglio dei ministri e per gli enti pubblici dall’amministrazione vigilante”

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