Medico condannato a risarcire 2 milioni di euro per prescrizione in intramoenia di farmaci soggetti a ricetta limitativa

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n 300 del 5 ottobre 2022

A parere della Procura erariale, una quarta voce di danno sarebbe costituita dalla spesa sostenuta dall’Amministrazione per i farmaci abusivamente prescritti con il ricettario del SSN e con un piano terapeutico in violazione di legge.
Il dott. X, infatti, era abilitato a redigere i piani terapeutici ed a prescrivere i farmaci soggetti a ricetta limitativa (art. 87, lett. d n. 1, del D. Lgs. n. 219/2006), ma soltanto nell’ambito dell’ordinaria attività istituzionale.
Si tratterebbe di farmaci utilizzati per patologie particolarmente impegnative, che richiedono un percorso diagnostico terapeutico altamente specialistico e per cui l’AIFA prevede la compilazione di un documento, denominato “Diagnosi e trattamento terapeutico”, da parte di medici abilitati e presso i centri universitari oppure ospedalieri specializzati individuati dalle Regioni (art. 93 D. Lgs. n. 219/2006); inoltre, il ricettario pubblico (cc.dd. ricette rosse) potrebbe essere utilizzato solo dai medici dipendenti o convenzionati con il SSN e nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali (art. 2 D. L. n. 443/1987), mentre sarebbe vietato expressis verbis ai medici del servizio pubblico nell’esercizio di attività libero – professionale (art. 15 quinquies del D. Lgs. n. 502/1992).


Pertanto, le prescrizioni effettuate in occasione delle visite in attività intramoenia, sia legittima che abusiva, sarebbero di per sé del tutto illegittime. Ne conseguirebbe che il medico dovrebbe essere tenuto a rimborsare al SSN i farmaci indebitamente prescritti (art. 1 D. L. n. 323/1996).
A norma dell’art. 2 del D. L. n. 443/1987, “l’impiego dei ricettari per la prescrizione o la proposta di prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale è riservato ai medici dipendenti dal Servizio medesimo e con lo stesso convenzionati nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali” (comma 1). Qualora il medico dipendente del SSN operi invece nell’ambito della propria attività professionale, benché autorizzata, non gli è “consentito l’uso del ricettario del Servizio sanitario nazionale” (art. 15 quinquies, comma 4, D. Lgs. n. 502/1992).
Da ultimo, il comma 4 dell’art. 1 del D.L. n. 323/1996 prevede che “qualora dal controllo risulti che un medico abbia prescritto un medicinale senza osservare le condizioni e le limitazioni citate, l’azienda sanitaria locale, dopo aver richiesto al medico stesso le ragioni della mancata osservanza, ove ritenga insoddisfacente le motivazioni addotte, informa del fatto l’ordine al quale appartiene il sanitario, nonché il Ministero della sanità, per i provvedimenti di rispettiva competenza. Il medico è tenuto a rimborsare al Servizio sanitario nazionale il farmaco indebitamente prescritto”.

Come chiarito dalla giurisprudenza, “sul piano normativo, è indubbio che l’utilizzo del ricettario pubblico” (le cc.dd. ricette rosse) “sia rigidamente limitato non solo a determinati soggetti, ma anche in relazione all’attività da costoro svolta”, ai sensi del comma 1 dell’art. 2 del D. L. n. 443/1987, essendo espressamente vietato anche “ai medici del servizio pubblico che esercitino l’attività libero professionale” (Sez. Giur. Sardegna. Sent. n. 74/2017), nell’intento di contenere la spesa pubblica.

Nel caso in esame, come emerso dalla documentazione acquisita presso le UOC farmaceutiche territoriali delle Aziende Usl Toscana Nord-ovest, Centro e Sud-est, il convenuto ha redatto diversi piani terapeutici abusivi (per l’impiego di somatropina) ed effettuato prescrizioni sul ricettario a carico del SSN per n. 269 pazienti (n. 46 in attività intramuraria legittima, n. 223 in occasione dell’attività libero – professionale non autorizzata), con un danno erariale originariamente quantificato in € 3.008.269,77 e poi rideterminato dal PM, in virtù delle allegazioni difensive, in € 2.047.474,37.
Vi è, dunque, la prova documentale del fatto che il convenuto ha effettuato queste prescrizioni non nella sua veste pubblica, ma in occasione dell’esercizio della propria attività libero – professionale.

Cfr anche: Circolare del Ministero della Salute del 25 marzo 2016

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