Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 251 del 3 novembre 2022
Con nota del 22 marzo 2019, il Direttore Generale dell’Università aveva notiziato la Procura contabile del mancato riversamento, da parte del Prof. X, degli emolumenti percepiti per lo svolgimento dell’attività di consigliere del CdA Fondazione IRCCS San Matteo, nominato in tale incarico, in data 10 giugno 2015, dal Sindaco del Comune, che lo aveva designato quale rappresentante del Comune dal 21 luglio 2015 al 28 dicembre 2018 e:
b) che l’Ateneo non aveva mai autorizzato tale incarico e che il Prof. X aveva sempre attestato, pur all’uopo sollecitato dalla Fondazione, l’assenza di cause di incompatibilità con l’incarico di Consigliere del CdA;
c) che, in data 23 gennaio 2019, l’Ateneo, dopo aver informato con missiva 5.12.2018 il docente della assenza di autorizzazione in atti, aveva richiesto al Prof. X il riversamento entro trenta giorni, ai sensi dell’art. 53, comma 7, d.lgs. 165/2001, dei compensi percepiti dalla Fondazione IRCCS San Matteo per lo svolgimento dell’incarico di Consigliere di amministrazione della Fondazione;
d) che il Prof. X, anziché provvedere al riversamento del dovuto, aveva chiesto all’amministrazione, con istanza del 30 gennaio 2019, la revisione in autotutela del provvedimento emesso in proprio pregiudizio sulla base di un parere pro veritate redatto dal Prof. Avv. Giuseppe Franco Ferrari, che riteneva che l’incarico svolto dal Prof. X non rientrasse tra quelli vietati dalla legge ed aveva inoltre chiesto all’Ateneo di adottare “ora per allora” una autorizzazione postuma;
e) che le deduzioni fatte pervenire in riscontro al notificato invito a dedurre non erano risultate idonee a superare l’ipotesi accusatoria;
Circa la prima voce contestata dalla Procura, afferente la mancata richiesta di autorizzazione per l’incarico esterno di componente del CdA della Fondazione predetta, è pacifico tra le parti che la stessa non sia stata previamente richiesta dal convenuto come suo obbligo legale e regolamentare. Difatti, osserva il Collegio, tale doverosa autorizzazione era prescritta, oltre che dall’art.53, co.7, d.lgs. n.165 del 2001, dall’art. 6, comma 10, legge 240/2010 ed anche dall’art.8 lett.b) del Regolamento di Ateneo, adottato dal Rettore dell’Università con i decreti 595/2012 e 1369/2014.
Il prof X, pur doverosamente a conoscenza del quadro normativo e regolamentare afferente il suo status di accademico, non ha dunque chiesto tale previa autorizzazione, né la fattuale conoscenza dell’incarico espletato da parte del Rettore, dei vertici universitari o dei media configura un assenso tacito o una rassicurante indicazione per un pubblico dipendente qualificato, quale è un accademico, circa la libera espletabilità dell’incarico. Tale conclusione non è messa in discussione dalla presenza di accordi tra Fondazione conferente l’incarico ed Università di appartenenza, in quanto tali moduli convenzionali di portata generale non obliterano la necessità di richiedere le prescritte autorizzazioni lavoristiche individuali ancorchè conseguenziali ad accordi basici di più ampia portata.
Nè alcuna rilevanza assume il fatto che, come pur innegabilmente provato dalla difesa, l’incarico de quo era autorizzabile e non precluso dalla predetta normativa legislativa e regolamentare ai professori anche a tempo pieno quale il X: difatti, la previa autorizzazione serve a valutare la sua concreta compatibilità con le mansioni svolte e a prevenire conflitti di interesse. Prova ne sia che la giurisprudenza ha escluso la possibilità di autorizzazioni tardive sananti (Cass., sez.II, 19.1,2022 n.1623; id., sez.II, 18.6.2020 n.11811; Cons.St., sez.II, 2.11.2016 n.4590; Cass., sez.lav., 20.5.2020 n.9289; id., sez.lav., 8.7.2011 n.15098; Tar Emilia, Parma, 17.7.2017 n.263; id., 5.5.2017 n.191), essendo tale autorizzazione tardiva ontologicamente incompatibile con la predetta finalità dell’istituto della previa autorizzazione in base al disposto di cui all’art. 53, comma 7, d.lgs. 165 del 2001.