Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 3421 dep 26 gennaio 2023
X e la sua fidanzata avevano comprato a distanza un telefono senza riceverlo, e, quindi, avevano contattato il Y per chiedere spiegazioni; questi aveva prima accampato delle scuse (l’erronea indicazione dell’indirizzo di recapito), e poi richiesto altri 150 euro; X e la donna aveva rifiutato e, per tutta risposta, Y aveva minacciato di denunciarli per molestie o per stalking se avessero
continuato a contattarlo per ottenere l’invio del telefono o la restituzione di quanto versato (che egli intendeva trattenere a titolo di acconto o caparra).
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che il reato di violenza privata si distingue dal reato di minaccia per la coartata attuazione da parte del soggetto passivo di un contegno (commissivo od omissivo) che egli non avrebbe altrimenti assunto, ovvero per la coartata sopportazione di una altrui condotta che egli non avrebbe tollerato.
Ne consegue che i due reati, pur promossi da un comune atteggiamento minatorio, danno luogo ad eventi giuridici di diversa natura e valenza (Sez. 6, n. 14 del 09/10/2008, dep. 2009, Gabellini, Rv. 243185).
Risulta pertanto evidente che la condotta minatoria del Y – in quanto volta ad impedire alla persona offesa ed alla sua fidanzata di contattarlo ancora per ottenere la restituzione di quanto versato o la spedizione del telefono acquistato – avesse lo scopo di coartarne, in tal modo, la volontà, così da rientrare nel paradigma della violenza privata (solo tentata, non avendo raggiunto l’evento perseguito) piuttosto che in quello della mera minaccia.
Né può affermarsi che la mera prospettazione di una denuncia penale non concreti e non attui un intento minatorio considerando come, nel caso di specie, la denuncia fosse manifestamente infondata e del tutto strumentale all’ottenimento del risultato, almeno civilmente illecito, del trattenimento di una somma senza la consegna del bene acquistato.
Una simile conclusione deve, a contrario, ricavarsi anche dal precedente di questa Corte (Sez. 6, n. 32326 del 18/06/2010, Cavatton, Rv. 248091) in cui si è affermato che non integra il delitto di violenza privata la minaccia di denuncia penale proveniente da un medico del servizio pubblico e diretta a far cessare irregolarità e prassi illegittime nella raccolta del sangue del Centro di immunoematologia e trasfusione di un’azienda ospedaliera del quale sia responsabile, proprio considerando che, in quest’ultimo caso, la denuncia che sarebbe stata sporta riguardava condotte, di altri, illegittime e non era, invece, destinata a “coprire” le condotte illecite poste in essere da chi aveva prospettato la possibilità di sporgere la ricordata, strumentale, denuncia penale.