Nell’estorsione da parte del datore di lavoro la prescrizione del reato comincia a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro

Corte di Cassazione, seconda sezione Penale, sentenza n. 34775 dep il 9 agosto 2023

L’imputata è stata riconosciuta colpevole del delitto di estorsione facendosi corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità “Nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti dei propri dipendenti, costringendoli ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge ed ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro sia di gran lunga superiore all’offerta e, quindi, ponendoli in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivalga a perdere il posto di lavoro, è configurabile il reato di estorsione di cui all’art. 629 c.p. L’eventuale accordo contrattuale tra datore di lavoro e dipendente, nel senso di accettazione da parte di quest’ultimo delle suddette condizioni vessatorie, non esclude, di per sé, la sussistenza dei presupposti dell’estorsione mediante minaccia” (per tutte: Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Rv. 261553 – 01; Sez. 2, n. 3724 del 29/10/2021, dep. 2022, Lattanzio, Rv. 282521; Sez. 2, n. 28682 del 5/06/2008, Beritivegna, non mass.).  

In tema di estorsione, le diverse condotte di violenza o minaccia poste in essere per procurarsi un ingiusto profitto costituiscono autonome ipotesi di reato, consumate o tentate, unificabili con il vincolo della continuazione quando, singolarmente considerate, in relazione alle circostanze del caso concreto, alle modalità di realizzazione e all’elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità, dovendosi invece ravvisare – come nei casi in esame – un unico reato allorché i molteplici atti di minaccia costituiscano singoli momenti di un’ unica azione (Sez. 2, n. 37297 del 28/06/2019, C., Rv. 277513 – 01). 

Di conseguenza, ai fini dell’individuazione della consumazione del reato e del termine necessario a prescrivere, deve aversi riguardo non al momento in cui è stata proferita la minaccia, bensì all’epoca di cessazione delle singole condotte estorsive realizzate ai danni di ciascuna persona offesa, ossia all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.

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