Il danno da lesione del rapporto sinallagmatico per attività illecite, è diverso dal danno da disservizio e non è richiesta la prova della compromissione della qualità del servizio prestato.

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n. 270 del 17 agosto 2023

La Procura ha quantificato il danno patrimoniale da lesione del rapporto sinallagmatico. nella misura del 50% delle retribuzioni erogate al convenuto nel periodo di svolgimento dell’attività illecita, per un importo di euro 102.677,82.

Tale tipologia di danno sorge nel caso in cui le energie lavorative del dipendente vengano distolte dallo svolgimento dei propri doveri professionali ed indirizzati verso il compimento di atti illeciti e, come nel caso in esame, anche di rilievo penale. In questi casi, pertanto, la retribuzione corrisposta risulta indebita in quanto non remunera lo svolgimento della prestazione lavorativa del dipendente, con conseguente lesione del rapporto sinallagmatico fra remunerazione e attività lavorativa.

Risultano, inoltre, prive di pregio le difese del convenuto, secondo cui il danno non sarebbe risarcibile in quanto non risulterebbe provato l’inadeguato svolgimento della prestazione lavorativa ed il danno da disservizio arrecato all’amministrazione.

In primo luogo, si premette che per la configurabilità del danno da lesione del rapporto sinallagmatico non è necessario provare l’inadeguato svolgimento del rapporto lavorativo, ma soltanto il compimento, in servizio, di attività illecite estranee ai doveri lavorativi così da privare di causa la corresponsione di parte della retribuzione. Peraltro, nel caso in esame, il convenuto ha, come emerso sulla base delle prove acquisite, distolto la propria attività dai doveri professionali per porsi al servizio di una serie di soggetti privati al cui interesse indirizzava l’attività svolta, in contrasto con i propri doveri di funzionario pubblico ed in danno dell’amministrazione stessa.

Inoltre, il richiamo all’assenza di danno da disservizio non è rilevante poiché trattasi di voce di danno distinta da quella contestata al convenuto. Se, infatti, per la configurabilità del danno da disservizio assumono rilievo, fra le altre cose, anche “una serie di condotte colpevolmente disfunzionali che incidono sulla qualità del servizio, oltre che sulla sua materiale esecuzione” (in tal senso da ultimo Sez. I centr. n. 9/2023, che richiama le principali figure sintomatiche di tale tipologia di danno), per la configurabilità del danno in esame non è, invece, richiesta la prova della compromissione della qualità del servizio prestato.

Nel caso in giudizio, pertanto, si configura un danno da lesione del rapporto sinallagmatico poiché le condotte, non solo estranee, ma anche contrarie ai doveri d’ufficio, hanno reso priva di causa l’erogazione di una parte della retribuzione percepita dal convenuto.

Questa posta di danno, data l’intensità, la frequenza e la continuità delle attività poste in essere dal convenuto, così come emerso dalle prove acquisite e sopra richiamate, può essere quantificata, secondo un criterio equitativo ex art. 1226 c.c., nella misura del 50% della retribuzione percepita nel periodo in cui il convenuto ha posto in essere le condotte contestate.

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