Oltre 1800 ricorsi per il payback dei dispositivi medici: entro ottobre il TAR decide. E poi?

Sotto il sole dell’estate si sta consumando un conflitto giuridico che ha pochi precedenti: le aziende produttrici di dispositivi medici per il SSN hanno presentato al TAR oltre 1.800 ricorsi contro le norme che impongono loro di pagare quanto stabilito, circa 2 miliardi complessivamente.

Ma com’è possibile? Perchè questa “levata di scudi”?

Le norme e l’evoluzione

La norma in questione è l’art. 9ter del dl 78/2015, che recita:

L’eventuale superamento del tetto di spesa regionale …. e’ posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici per una quota complessiva pari al 40 per cento  nell’anno  2015,  al  45  per cento nell’anno 2016 e al 50 per cento a  decorrere  dall’anno  2017.

In sintesi, tale norma riproduce quanto già previsto per la spesa farmaceutica, che, cioè, al superamento del tetto di spesa fissato dalla legge, l’eccedenza sia recuperata in parte riscuotendola proprio dalle imprese produttrici.

Questo perchè la spesa per dispositivi medici è un parte importante dei bilanci delle aziende sanitarie, e non si è riusciti nel tempo a porre un limite in modo efficace, per cui si è scelto di adottare lo stesso meccanismo previsto per la spesa dei farmaci.

Proprio in tale ambito (payback dei farmaci) l’esperienza passata aveva evidenziato una notevole difficoltà nel determinare l’esatto fatturato che ogni fornitore realizzava annualmente con le aziende sanitarie, con un contenzioso che spesso si protraeva per diversi anni.

Il meccanismo introdotto nel 2015 per i dispositivi medici, invece, è  molto semplice: nella fatture elettroniche indirizzate alle aziende sanitarie deve essere indicato il numero di repertorio (cioè il codice con cui il dispositivo è registrato presso il Ministero della Salute), così, a termine dell’anno, estraendo tutte le fatture dal sistema FatturaPA o dai sistemi contabili delle aziende sanitarie, basta selezionare quelle con il codice repertorio valorizzato e determinare il valore del volume d’affare realizzato. A corollario di ciò, è previsto che la fattura manchevole di tale codice, non possa essere liquidata. Il meccanismo, così ideato, non fa una piega. 

L’applicazione delle norme nella prassi

La realtà, invece, è stata diversa, poichè le aziende sanitarie hanno liquidato ugualmente le fatture, anche senza il codice prescritto, pur contabilizzando correttamente le fatture. Il risultato è stato che nel bilancio l’importo complessivo della spesa era corretto, ma non si riusciva a imputare correttamente alle singole aziende il fatturato. Per fare un esempio concreto: in bilancio l’importo della spesa per dispositivi medici era 100, mentre estraendo i dati dalle fatture, la spesa era (in ipotesi) 40. 

Ciò ha determinato una notevole incertezza con la conseguente impossibilità di riscuotere quanto dovuto.

Dopo diversi anni, si è invertito il meccanismo di determinazione del fatturato: invece di partire dal basso e quindi dalla somma delle fatture delle singole aziende sanitarie, si è partiti dalle somma complessivamente risultante a livello nazionale della spesa dei dispositivi medici, ribaltata alle singole Regioni, che poi dovevano ribaltarla sulle singole aziende sanitarie.

Sulla base di questi importi, è stato determinato il payback, cioè le somme che le aziende produttrici devono versare. Per evitare che le singole aziende sanitarie avessero un vasto contenzioso nel riscuotere quanto dovuto, è stato previsto che l’importo del payback dovesse essere compensato con gli importi delle fatture future da pagare (Introdotta la compensazione legale tra debiti e crediti per recuperare il payback dei dispositivi medici )

Gli aspetti critici

Uno degli elementi critici è che il payback è relativo agli anni 2015-2018, quindi lo Stato sta riscuotendo 4 anni arretrati, improvvisamente, in un anno solo.

Ricordiamo che ormai è consolidato che se un utente di forniture periodiche (gas, elettricità, ecc…) non riceve nessuna bolletta per più periodi, le medesime somme non possono essere riscosse in un solo periodo, ma devono essere rateizzate in un numero uguale di periodi. Per esemplificare: se un consumatore non riceve 6 bollette bimestrali, al momento della fatturazione e riscossione queste devono essere rateizzate in un numero di periodi uguali, cioè, in questo esempio, in 6 rate bimestrali.

Inoltre, i termini di prescrizione del codice civile per le somme che si devono pagare annualmente o in termini più brevi, sono fissati in cinque anni. E’ quindi chiaro che potrebbe essere eccepita pure la prescrizione del diritto di credito.

Quindi sono questi due i punti deboli della normativa che prevede oggi, nel 2023, la riscossione del payback: 1) le somme sono relative a 4 anni, e quindi, almeno, dovrebbero essere rateizzate in 4 anni; 2) le somme richieste potrebbero essere prescritte.

Gli ultimi provvedimenti

Questo Governo ha concesso uno sconto del 52% alle aziende che dovessero pagare subito e rinunciare ad ogni contenzioso. La deadline per la verifica dell’adesione a tale meccanismo è stabilita al 30 ottobre 2023. 

L’udienza dinanzi al TAR Lazio per discutere il ricorso delle aziende produttrici è fissato al 24 ottobre 2023 (o meglio l’udienza-pilota, cioè l’udienza che deciderà il primo dei 1800 ricorsi e dove quindi il giudice amministrativo prenderà posizione, con un effetto a cascata su tutti gli altri ricorsi pendenti).

Già il termine per la riscossione degli importi era fissato a gennaio 2023, poi spostato al 30 aprile, poi dimezzato e spostato al 30 giugno, poi al 31 luglio, e ora al 30 ottobre.

Tra l’altro, lo spostamento entro l’anno fino al 30 ottobre non ha determinato la necessità di reperire nuovi fondi, tranne il miliardo di euro di “sconto”. Spostare ulteriormente tale data al 2024 comporterebbe la necessità di individuare nuove fonti di copertura della spesa del SSN, a cui questi soldi sono destinati.

Il TAR ha già garantito che “il contenzioso verrà affrontato, ai fini della sua definizione, in tempi relativamente brevi”, ma, ovviamente, ciò per quanto di competenza dei giudici, poichè la parte soccombente potrebbe ricorrere in appello, lo Stato potrebbe modificare la legge, le aziende potrebbe eccepire l’illegittimità delle norme anche in riferimento alla Costituzione e/o alle norme del diritto eurounitario.

Quindi, in questi giorni si dovranno fare scelte importanti, sia da parte del legislatore, sia da parte delle aziende, anche perchè, lo ricordiamo, subito dopo dovranno essere riscosse le somme relative agli anni 2019-2022

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