L’accollo da parte del Comune dei debiti della società in liquidazione solo se vi è un interesse pubblico

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia, deliberazione n. 220/2023/PAR

Nella richiesta di parere il Comune chiede alla Sezione “se l’ordinamento consenta l’accollo da parte del comune dei debiti della società a responsabilità limitata risultanti in sede di liquidazione essendo il patrimonio insufficiente per estinguere i debiti sociali”.

Abbandonando la logica “del salvataggio ad ogni costo” dell’organismo partecipato (cfr. SRC Lombardia n.31/2022), la rinuncia al limite legale della responsabilità patrimoniale da parte dell’ente pubblico, integrando, di fatto, un accollo dei debiti di un terzo soggetto (cfr. SRC Lombardia n. 31/2022 e la giurisprudenza ivi richiamata; cfr., inoltre, di recente, SRC Piemonte n.76/2023/PAR) per espressa previsione dell’art.14, commi 4 e 5, Tusp può giustificarsi solo in una prospettiva di conservazione e risanamento dell’organismo partecipato, dettata dal raggiungimento di un pubblico interesse, e, per le società con perdite triennali, al ricorrere degli specifici presupposti individuati dal comma 5.

Pertanto, è l’art.14 ad individuare lo specifico interesse pubblico legittimante il soccorso finanziario della società e a regolamentarne la realizzazione.

Interesse, quindi, che, all’evidenza, “va escluso possa essere identificato con l’esigenza di evitare lo stato di insolvenza o con la tutela dei creditori sociali che abbiano potuto fare affidamento sulla natura pubblica delle partecipazioni societarie, ai fini del soddisfacimento dei loro crediti. Diversamente opinando, la scelta si tradurrebbe in un ingiustificato trattamento di favore verso i creditori delle società pubbliche incapienti a danno dei bilanci delle amministrazioni locali titolari, in totale distonia con le disposizioni del codice civile e con quelle che disciplinano la materia delle partecipazioni pubbliche in strutture societarie private” (cfr., SRC Sicilia, n.119/2019/PAR, SRC Piemonte n.3/2018/PAR).

Le richiamate previsioni sulla possibilità di soccorrere finanziariamente l’organismo in perdita (sia “semplice”- art.14, c.4 -, che “aggravata” – art.14, c.5 -) solo se finalizzato alla continuità aziendale e in presenza di uno specifico interesse pubblico, sono correlate con quanto disposto dall’art.21, c.1, quinto periodo, Tusp, secondo cui l’importo accantonato a fondo partecipate nel bilancio dell’amministrazione è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione, non solo nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione, ma anche quando il soggetto partecipato sia posto in liquidazione.

Si tratta, in definitiva, di due situazioni incompatibili per il legislatore. Al ricorrere degli specifici presupposti individuati dai commi 4 e 5 dell’art.14, sopra richiamati, e, dunque, “dimostrata l’utilità del risanamento e della conservazione” dell’organismo in perdita – anche triennale – in vista del perseguimento di un “superiore” interesse pubblico, sono consentiti trasferimenti straordinari alla società. Qualora, invece, il risanamento e la conservazione siano esclusi, o per volere legislativo o per decisione dell’ente pubblico, e l’organismo sia posto in liquidazione, non solo le richiamate previsioni dei commi 4 e 5 dell’art.14 sul soccorso finanziario non trovano applicazione, ma viene, altresì, meno l’obbligo per l’ente di accantonamento al fondo perdite, cessando l’attività e l’organismo stesso.

E, infatti, questa Sezione, valutando come il divieto di soccorso finanziario appaia espressivo di un principio di ordine pubblico economico, con la richiamata recente decisione n. 31/2022/PAR ne ha evidenziato l’applicabilità anche in caso di liquidazione della società partecipata.

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