Il trattenimento in servizio è diventato un istituto eccezionale rispetto al collocamento a riposo, e, soprattutto per i dirigenti scolastici, va motivato adeguatamente

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia, deliberazione n. 277/2023/PREV

Il carattere eccezionale della norma sul trattenimento in servizio è stato riconosciuto anche dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3808/2022 – che ha ribadito come “il trattenimento in servizio ha subito un graduale ridimensionamento, da istituto ad applicazione generalizzata ad istituto eccezionale rispetto alla regola del collocamento a riposo, ad istituto in via generalizzata vietato, anche in ragione delle esigenze di contenimento dei costi del personale e di ricambio generazionale nell’ambito dell’Amministrazione” – ed è stato anche affermato proprio nella relazione tecnica alla Legge di stabilità 2016 – Legge 28 dicembre 2015, n. 208 elaborata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato richiamata anche nella predetta sentenza: “Per il personale della scuola (…) la conclusione di accordi internazionali con scuole o università straniere non può ritenersi un’attività ordinaria, risultando statisticamente più frequenti accordi interni, conclusi tra istituzioni appartenenti all’ordinamento nazionale; il che è dimostrato dalla relazione tecnica della Ragioneria (…), in cui si dà atto che la norma potrebbe trovare applicazione “in alcune molto limitate situazioni, quantificabili in base alle informazioni allo stato disponibili in circa venti unità“.

Oltre che di stretta interpretazione, la norma in commento risulta peraltro chiara nell’individuare il significato e la portata precettiva della fattispecie; di tal che, l’obliterazione dell’art. 12, comma primo, delle Preleggi – a tenore del quale “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore” – e la conseguente svalutazione della rilevanza del criterio ermeneutico letterale condurrebbe l’interprete alla creazione di una norma nuova, con il risultato di modificare la volontà inequivocabilmente espressa dal legislatore. Come affermato dal supremo giudice amministrativo proprio con riferimento alla fattispecie normativa in commento, “il criterio letterale, in definitiva, impone di rispettare il tenore testuale della disposizione interpretata, permettendo di selezionare le varie interpretazioni possibili, corrispondenti alle varianti di senso compatibili con il tenore letterale del testo interpretato, in tale modo evitando che in via interpretativa si provveda all’integrazione del precetto della disposizione preesistente aggiungendone uno nuovo e allargandone l’ambito di applicazione a fattispecie esulanti da quello originario” (Cons. St., sez. VI, sent. 16.5.2022, n. 3808).E proprio in applicazione del criterio “in claris non fit interpretatio”, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “il presupposto di applicazione della disposizione in esame è dato dall’esistenza di accordi conclusi con istituzioni scolastiche e universitarie appartenenti ad ordinamenti stranieri” e che “i destinatari della disposizione de qua sono individuati nei lavoratori alle dipendenze della scuola italiana, che siano impegnati in progetti didattici riconosciuti e innovativi, aventi carattere internazionale, definiti nell’ambito di accordi con istituzioni universitarie e scolastiche di Paesi stranieri, la cui continuità costituisce l’obiettivo di tutela perseguito dal legislatore”.

Comments are closed.