L’amministrazione può essere condannata all’adozione di un provvedimento espresso, anche laddove il potere sia connotato da ampia discrezionalità

Consiglio di Stato, sentenza n. 1061 dell’ 1 febbraio 2024


A seguito di una situazione di carenza di organico presso l’ufficio del giudice di pace, che ha condotto ad una sensibile riduzione dei servizi, gli enti e i singoli avvocati indicati in epigrafe hanno rivolto istanza al Ministero della Giustizia affinché coprisse i posti in pianta organica ed avviasse la procedura di rideterminazione della stessa. Non avendo il Ministero fornito risposta, hanno impugnato davanti al T.A.R. della Toscana il silenzio-inadempimento.

In merito alla fondatezza della pretesa all’adozione di un provvedimento espresso, giova richiamare, sul punto, il già citato precedente specifico (T.A.R. Abruzzo, sentenza n. 46 del 2023), che il Collegio condivide. Anche su tale parte dell’istanza, l’amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi con un provvedimento espresso, costituente esercizio del relativo potere, ancorché in tale fattispecie il più ampio margine di discrezionalità che connota detto potere implica una maggiore ampiezza dei relativi contenuti decisori rispetto alla scelta provvedimentale finale (che risulterà condizionata dal contenuto della relativa istruttoria procedimentale, e dalle valutazioni ad essa relative).

La difesa dell’amministrazione appellata dedica alcune pagine ad illustrare le ragioni per le quali l’istanza degli appellanti è comunque infondata nel merito.
Sul punto non può non rilevarsi come gli argomenti spesi dalla difesa appellata nel presente giudizio per escludere, nel merito, la spettanza del bene della vita oggetto dell’istanza, avrebbero potuto e dovuto essere trasfusi nella motivazione di un eventuale provvedimento – esplicito – di diniego, soggetto a sindacato giurisdizionale e alla relativa responsabilità, piuttosto che concretizzarsi in una condotta meramente inerte che non lascia ai soggetti interessati che il rimedio di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm.
Non va infatti confuso il profilo dell’obbligo di provvedere con quello attinente alla determinazione del contenuto del provvedimento: quest’ultimo soggetto a margini di discrezionalità a loro volta regolati da parametri normativi regolanti l’esercizio del relativo potere.
Ne consegue, come precisato dal citato precedente (T.A.R. Abruzzo, sentenza n. 46 del 2023) che “poiché la verifica dell’adeguatezza delle risorse assegnate agli uffici amministrativi costituisce esercizio di attività ampiamente discrezionale e avviene con cadenza periodica, il collegio non può ordinare, come richiesto dal ricorrente, al Ministero di provvedere alla copertura della dotazione organica cristallizzata nel d.m. 5.11.2009. Deve invece ordinarsi al Ministero resistente di dare pieno riscontro all’istanza del Consiglio (…)”.
In caso di ulteriore inadempienza – fermo restando quanto previsto dall’art. 2, comma 9, della legge 241 del 1990 – la parte interessata potrà chiedere l’attivazione degli ulteriori strumenti rimediali di cui all’art. 117, commi 3 e 4, cod. proc. amm.

In riforma della sentenza gravata devono essere accolte le domande proposte con il ricorso di primo grado, nel senso dell’accertamento del silenzio-inadempimento del Ministero della Giustizia in merito all’istanza presentata dagli appellanti il 30 marzo 2023, e della condanna dello stesso Ministero a provvedere su tale istanza – nei sensi precisati – nel termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.

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