La Cassazione ricorda che per la cessione dei crediti dei convenzionati nei confronti delle aziende sanitarie non è necessaria l’accettazione (diritto ratione temporis vigente)

Corte di Cassazione, ordinanza n. 8181 del 26 marzo 2024

Secondo la Corte d’appello la società ricorrente, come si è visto cessionaria del credito, avrebbe dovuto dimostrare l’avvenuta accettazione da parte del debitore ceduto. La ricorrente contesta che una tale accettazione fosse necessaria. Non è dato capire in base a quale regola l’estensore abbia ritenuto necessaria l’accettazione da parte del debitore ceduto. Di certo non potrebbe averlo fatto sulla base dell’articolo 1264 del codice civile, il quale come è universalmente noto, considera efficace la cessione quando alternativamente o il debitore l’abbia accettata o gli sia stata notificata. Ed è opinione comune e corrente che, di conseguenza, la semplice notifica vale a rendere la cessione del credito efficace nei confronti del debitore a prescindere dal fatto che costui la accetti o meno. E’ altresì insegnamento comune che tale regola si giustifica col fatto che per il debitore avere l’uno o l’altro creditore è indifferente, essendo comunque egli tenuto ad adempiere. La norma si limita soltanto a prevedere che, qualora il debitore comunque accetti la cessione, essa è valida anche a prescindere dalla sua notifica, ossia si limita a dire che l’accettazione del debitore è un surrogato della notifica. Non se ne può ricavare la conclusione che l’accettazione del debitore è condizione di efficacia anche ove la cessione gli sia stata notificata, e dunque in aggiunta alla notifica, se non commettendo un errore.

L’estensore non lo dice, ma la ricorrente si premura di ipotizzare che il riferimento che nella sentenza viene fatto all’accettazione da parte del debitore, sia quello previsto dall’articolo 70 terzo comma del Regio decreto n. 2440 del 1923, norma che prevede, come è noto, l’autorizzazione della pubblica amministrazione alla cessione dei crediti che la riguardano. E tuttavia, anche ove l’estensore avesse inteso riferirsi a tale norma, nell’ipotizzare che era necessaria l’accettazione del debitore, la ratio della decisione è comunque errata posto che, per principio consolidato, quella norma è riferita ai rapporti di durata, come l’appalto o la somministrazione, e non si applica alle prestazioni d’opera che, sia pure ripetute nel tempo, non hanno la caratteristica, per l’appunto, del rapporto di durata (Cass. 18339/ 2014; Cass. 24758/ 2021): senza tacere del fatto che quella norma non si applica nei confronti delle ASL, che non sono da considerarsi amministrazioni statali (Cass. 29420/ 2023). Infine, ed è ulteriore ragione di fondatezza del motivo, la norma che vieta la cessione del credito senza autorizzazione della amministrazione si riferisce ai contratti in corso di esecuzione e non si applica a quelli i cui effetti siano stati esauriti, o meglio, che siano stati eseguiti mediante esecuzione della prestazione a carico del privato (Cass. 2541/ 2007). Con l’ulteriore conseguenza che, anche in tal caso, la motivazione della decisione impugnata è del tutto insufficiente: non è dato capire da quale regola l’estensore abbia ricavato che era necessaria l’accettazione del debitore ceduto perché la cessione fosse efficace.  

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