Nel pubblico impiego in caso di incompatibilità assoluta, la violazione dell’obbligo di esclusività può essere fonte di responsabilità disciplinare anche nella ipotesi in cui la incompatibilità venga rimossa a seguito della diffida

Corte di Cassazione, sentenza n. 8722 del 4 aprile 2017
L’art. 53, comma 1, del d.lgs n. 165 del 2001, nel rinviare alla disciplina dettata dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. n. 3 del 1957, prevede che, in caso di incompatibilità assoluta, la violazione dell’obbligo di esclusività

può essere fonte di responsabilità disciplinare anche nella ipotesi in cui la incompatibilità venga rimossa a seguito della diffida; b) la sanzione irrogata dal datore di lavoro all’esito del procedimento disciplinare, avviato dopo la diffida prevista dall’art. 63 del d.P.R. n. 3 del 1957, deve essere proporzionata alla gravità della condotta, da valutarsi negli aspetti oggettivi e soggettivi, in relazione alla quale assumono particolare rilievo la condotta tenuta dal dipendente dopo la diffida e la mancata rimozione della incompatibilità; c) nell’impiego pubblico contrattualizzato il principio della obbligatorietà dell’azione disciplinare esclude che l’inerzia del datore di lavoro possa far sorgere un legittimo affidamento nella liceità della condotta, ove la stessa contrasti con precetti imposti dalla legge, dal codice di comportamento o dalla contrattazione collettiva.
Inoltre il Collegio ha inteso dare continuità all’orientamento già espresso con la sentenza n. 11868 del 9 giugno 2016 con la quale si è affermato che « le modifiche apportate dalla I. n. 92 del 2012 all’art. 18 della I. n. 300 del 1970 non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, sicché la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata I. n. 92, resta quella prevista dall’art. 18 st.lav. nel testo antecedente la riforma; rilevano a tal fine il rinvio ad un intervento normativo successivo ad opera dell’art. 1, comma 8, della I. n. 92 del 2012, l’inconciliabilità della nuova normativa, modulata sulle esigenze del lavoro privato, con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, neppure richiamate al comma 6 dell’art. 18 nuova formulazione, la natura fissa e non mobile del rinvio di cui all’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, incompatibile con un automatico recepimento di ogni modifica successiva che incida sulla natura della tutela del dipendente licenziato ».

Comments are closed.