Prestazioni non autorizzate: anche dopo il pensionamento può arrivare la Corte dei Conti

Corte dei Conti ,sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sentenza n. 65 del 7 maggio 2019

La GDF aveva accertato che il prof. X era stato titolare, dal 5 aprile 1990 al 31 dicembre 2015, della partita IVA n. ____ avente ad oggetto “attività degli studi di ingegneria” ed è stato iscritto all’Ordine degli Ingegneri di Catania, nella sezione “A” dell’albo, ma non nell’elenco speciale dei docenti universitari che hanno optato per il tempo pieno.
Il docente, collocato a riposo il 1° dicembre 2014, nel triennio 2012/2014, aveva svolto, a favore di terzi, attività asseritamente incompatibile con lo status ricoperto presso l’Ateneo, percependo compensi per un ammontare netto di euro 374.849,22, per lo svolgimento delle seguenti attività esterne:
• consulente tecnico nell’ambito di procedimenti penali;
• collaudatore statico con nomina pubblica;
• commissario tecnico di gara pubblica di appalto.
Ha rilevato la GDF che tali attività, rientranti tra quelle in astratto compatibili con il rapporto di pubblico impiego, non sarebbero state autorizzate preventivamente da parte dell’amministrazione di appartenenza, sicché esse si configurerebbero come illegittime, con conseguente obbligo di risarcire il danno.
Il Collegio ha accolto le richieste del Procuratore regionale, sostenendo che, in riferimento alla prescrizione, che la giurisprudenza contabile ha avuto modo di affermare che, al fine della configurabilità della specifica causa di sospensione dei termini prescrizionali, deve concorrere una concreta attività, finalizzata a rendere non rilevabile il danno prodotto; tale attività può anche consistere in un comportamento semplicemente omissivo del debitore, che tralascia di compiere un atto dovuto, cioè un atto cui esso sia tenuto per legge. Orbene, nel caso di specie, l’Amministrazione non era nelle condizioni di fare valere il proprio diritto di credito per gli importi percepiti in carenza di autorizzazione in quanto il convenuto aveva intenzionalmente omesso di richiedere l’autorizzazione per le attività extraistituzionali di cui è causa, con ciò violando un preciso obbligo gravante su soggetti astretti alla P.A. da un rapporto di esclusiva, come nel caso della docenza a tempo pieno (Sez. I appello, 151/2018; Sez. II appello 189/2018, Sez. II, 86/2019). Tanto premesso, poiché, in presenza di occultamento doloso del danno, i termini prescrizionali devono farsi decorrere dalla data del disvelamento, coincidente con la ricezione, da parte della Procura, della segnalazione della GDF, l’azione del Procuratore regionale deve ritenersi tempestiva anche per le somme percepite nel 2012 e nel primo bimestre del 2013.
Nel merito sussistono, inoltre, ad avviso del collegio, tutti gli elementi tipici della responsabilità amministrativa. L’elemento oggettivo del danno consiste nell’espletamento di svariati incarichi, senza la prescritta preventiva valutazione e conseguente autorizzazione da parte della p.a., e nella percezione di emolumenti non riversati in entrata nel bilancio universitario. Quanto all’elemento soggettivo, ad avviso del Collegio, sussiste la colpa grave del convenuto il quale ha violato, con inescusabile trascuratezza, non solo le norme primarie dell’ordinamento in linea con i principi costituzionali che regolano la materia (art. 98 Cost.), ma anche le disposizioni secondarie contenute nello specifico regolamento universitario, omettendo, con palese negligenza, di richiedere, nei tempi e con le modalità previste, le necessarie autorizzazioni allo svolgimento di incarichi extraistituzionali remunerati, e di provvedere al versamento dei compensi percepiti all’amministrazione di appartenenza.
Tanto basta, inoltre, per ritenere prive di pregio anche le argomentazioni difensive fondate sulla esistenza di una prassi in senso contrario alla ritenuta necessità di autorizzazione per gli incarichi in questione, per la quale il difensore ha posto espresse istanze istruttorie al collegio. Si osserva, infatti, a tale proposito che non può avere alcun rilievo esimente l’essersi adeguato a pregresse reiterate prassi non legittime (Sez. III, n. 177/2006)

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